Hot topics
Evidence 2020;12(3): e1000207 doi: 10.4470/E1000207
Pubblicato: 6 marzo 2020
Copyright: © 2020 Fondazione GIMBE Questo è un articolo open-access, distribuito con licenza Creative Commons Attribution, che ne consente l’utilizzo, la distribuzione e la riproduzione su qualsiasi supporto esclusivamente per fini non commerciali, a condizione di riportare sempre autore e citazione originale.
Le precedenti esperienze di pandemie influenzali, in particolare quella del 2009-2010, hanno dimostrato che è impossibile sia contenerla nel luogo in cui emerge, sia di prevenire a medio termine la diffusione internazionale dell’infezione. Considerato che per COVID-19 non sarà disponibile un vaccino prima della prossima stagione influenzale (1) e che non disponiamo di farmaci antivirali mirati, le autorità sanitarie possono solo utilizzare le misure di distanziamento sociale (2) per rallentare la trasmissione dell’influenza nella comunità , con 3 risultati desiderati (Figura). Anzitutto ritardare il picco epidemico guadagnando tempo per preparare adeguatamente il servizio sanitario nazionale (SSN); in secondo luogo ridurre l’entità del picco epidemico per evitare il collasso del SSN; infine distribuire le infezioni su un arco temporale più lungo, per consentire una migliore gestione dei casi sintomatici, in particolare quelli che richiedono assistenza ospedaliera (3,4).
Si ritiene che i virus dell’influenza si diffondano principalmente attraverso uno stretto contatto nelle comunità (es. case, ambienti di lavoro, scuole materne e asili nido, scuole, luoghi pubblici) e un contatto frequente e intenso tra bambini gioca un ruolo determinante nella trasmissione (5). Le misure di distanziamento sociale mirano a ridurre la frequenza dei contatti e ad aumentare la distanza fisica tra le persone, riducendo così i rischi della trasmissione da persona a persona. Queste misure hanno permesso di mitigare precedenti pandemie, inclusa quella del 1918-1919 (6,7) e costituiscono una componente fondamentale degli attuali piani di preparazione alle pandemie (8,9). Infatti, durante la pandemia del 1918-1919, l’eccesso di tassi di mortalità da polmonite e influenza sono diminuiti in alcune città degli Stati Uniti dopo l’attuazione di una serie di interventi, tra cui isolamento o quarantena, chiusura delle scuole, divieto di riunioni pubbliche e orari di lavoro scaglionati (6).
Anche se c’è un evidente razionale biologico ed epidemiologico per supportare la potenziale efficacia delle misure di distanziamento sociale, poche sono le opportunità di condurre rigorosi trial controllati sugli interventi di comunità per contrastare le epidemie influenzali.
La revisione si è concentrata sulle prove di efficacia delle misure di distanziamento sociale nel ridurre la trasmissione dell’influenza in comunità .
METODI
Sono state condotte differenti revisioni sistematiche per valutare le prove di efficacia di 6 misure finalizzate a ridurre la trasmissione dell’influenza in comunità : isolare i malati; tracciare i contatti; mettere in quarantena le persone esposte; sospendere o chiudere le scuole; prevedere misure negli ambienti di lavoro; evitare gli assembramenti (Tabella).
La ricerca bibliografica è stata condotta su varie banche dati (Cochrane Library, Embase, Medline e PubMed). Gli studi identificati sono stati valutati in maniera indipendente da due autori per l’inclusione e l’estrazione dei dati e un terzo autore ha risolto eventuali discrepanze. Non sono stati identificati trial randomizzati per le misure di distanziamento sociale elencate, ad eccezione di un trial nella quarantena. Pertanto, sono stati inclusi studi osservazionali (sia contemporanei, sia da analisi su dati di archivio relativi pandemia del 1918) e studi di simulazione. Sebbene sia stata dedotta l’efficacia di ciascuna misura, è stato assegnato un maggior peso agli studi osservazionali che a quelli di simulazione, in quanto ipotesi e parametri in questi ultimi sono più difficili da valutare e validare.
RISULTATI
Isolamento domiciliare
La revisione sistematica è stata condotta solo sulle misure di isolamento domiciliare, in quanto difficilmente le strutture sanitarie sono in grado di isolare pazienti con sintomatologia lieve dopo le prime fasi dell’epidemia.
Sono stati inclusi 4 studi osservazionali (9,10,11) e 11 studi di simulazione. Focolai di influenza A(H1N1)pdm09 nel 2009 in vari setting, tra cui una nave della marina peruviana e un campo di addestramento fisico in Cina, hanno dimostrato che l’isolamento dei pazienti contagiati, unitamente ad altre misure di protezione personale, di distanziamento sociale e ambientale, ha avuto un effetto rilevante sulla riduzione dei tassi di contagio nei focolai (10,12) .
Sebbene gli studi di simulazione siano stati condotti sulla base di una vasta gamma di scenari, la maggior parte suggerirsce che l’isolamento riduce la trasmissione, limitando le dimensioni dell’epidemia e ritardandone il picco. Tuttavia, Fraser e coll. (11) hanno discusso della difficoltà di controllare la trasmissione dell’influenza, anche con un elevato livello di isolamento combinato con la tracciatura dei contatti e la quarantena, in quanto la percentuale di trasmissione dell’influenza da casi lievi o asintomatici è potenzialmente elevata.
Considerato che i virus influenzali si trasmettono da persona a persona soprattutto attraverso uno stretto contatto, è evidente il razionale di prevenire il contatto tra i soggetti infettivi e quelli suscettibili all’infezione. Tuttavia, esistono limitate evidenze per supportare l’efficacia di questo intervento nella comunità . Gli studi osservazionali inclusi in questa revisione sono stati condotti in setting atipici e l’efficacia dell’isolamento ottenuto in questi contesti potrebbe avere una limitata generalizzabilità . Tuttavia, in base al razionale sopra discusso e presupponendo un’elevata compliance all’isolamento domiciliare dei soggetti sintomatici, l’isolamento volontario domiciliare potrebbe essere una strategia preferibile per prevenire la trasmissione rispetto ad altre misure di protezione personale, inefficaci in vari trial controllati randomizzati.
Un’area in cui mancano le evidenze è la durata dell’infettività che impatta sul periodo di isolamento volontario. Le attuali raccomandazioni dispongono l’isolamento volontario fino alla cessazione della febbre o fino a 5-7 giorni dopo l’insorgenza della malattia (4,12). Questa seconda raccomandazione meglio si adatterebbe ai casi senza complicanze o comorbidità , confrontando la durata della diffusione virale (13). Altra area d’incertezza è il grado in cui la trasmissione si verifica prima dell’insorgenza della malattia (trasmissione pre-sintomatica) e se e quanto i casi lievi o asintomatici siano infettivi. Infatti, un’elevata probabilità di trasmissione asintomatica ridurrebbe l’impatto dell’isolamento (14).
Tracciatura dei contatti
I 4 studi di simulazione analizzati dimostrano l’efficacia della tracciatura dei contatti se utilizzata in combinazione con altri interventi, tra cui isolamento, quarantena e profilassi con farmaci antivirali (11,15,16,17). Tuttavia, Wu e coll. (15) hanno stimato che aggiungere la tracciatura dei contatti alle misure di quarantena, isolamento e profilassi antivirale apporterebbe solo un beneficio modesto, aumentando considerevolmente la percentuale di soggetti in quarantena e i conseguenti costi.
La tracciatura dei contatti richiede risorse rilevanti dopo le prime fasi di una pandemia perché il numero di casi di pazienti e contatti cresce esponenzialmente in poco tempo. Pertanto, non esiste un razionale per l’uso routinario della tracciatura dei contatti nella popolazione generale per il controllo della pandemia influenzale. Tuttavia, la tracciatura dei contatti potrebbe essere implementata per altri scopi, come l’identificazione di casi in gruppi ad alto rischio per mettere in atto misure precoci di prevenzione e terapia. Vi sono alcune circostanze specifiche in cui la tracciatura dei contatti potrebbe essere più fattibile e giustificata, ad esempio per consentire un seppur limitato ritardo nella trasmissione all’interno di piccole comunità isolate o all’interno di setting aeroportuali per impedire l’importazione di casi.
Quarantena dei soggetti esposti
Nella revisione sono stati inclusi 1 studio sperimentale (18), 5 studi osservazionali (4,19,20,21,22) e 10 studi di simulazione. Miyaki e coll. (18) hanno condotto uno studio sperimentale in Giappone nel 2009-2010 coinvolgendo due aziende: di queste una è stata utilizzata come controllo, mentre nell’altra i dipendenti, se un membro della famiglia mostrava lo sviluppo di sintomi simil-influenzali — influenza-like illness (ILI) — potevano rimanere in isolamento domiciliare volontario, regolarmente retribuiti sino ad alcuni giorni dopo l’attenuazione dei sintomi. Gli autori hanno riportato una significativa riduzione dei tassi di infezione tra i membri del cluster di intervento (18). Tuttavia, confrontando le persone che avevano un membro della famiglia malato nei 2 cluster, nel gruppo di intervento è stato segnalato un numero significativamente maggiore di infezioni, suggerendo che la quarantena potrebbe aumentare il rischio di infezione tra le persone sottoposte a questa misura (18).
Tra gli studi osservazionali, Li e coll. (20) hanno stimato che la quarantena obbligatoria a Pechino durante la pandemia di influenza A(H1N1)pdm09 ha ridotto il numero di casi al picco dell’epidemia di un fattore 5 rispetto a uno scenario ipotizzato senza l’intervento, ritardando il picco epidemico, seppur a fronte di costi economici e sociali elevati (20). Analogamente allo studio sperimentale giapponese, van Gemert e coll. (21) hanno riportato un aumento del rischio di infezione tra i contatti domestici in quarantena insieme ad una persona isolata, stimando che il rischio di contagio aumenta in relazione alla durata della quarantena. Le evidenze dagli studi di simulazione integrano questi risultati e, in generale, la quarantena è una misura raccomandata per ridurre la trasmissione.
Sono stati inoltre identificati alcuni studi osservazionali per la quarantena marittima e aerea. McLeod e coll. (22) hanno analizzato i dati di archivio per la pandemia del 1918-1919 dalle giurisdizioni del Pacifico meridionale, rilevando come una rigorosa quarantena marittima ha ritardato o impedito l’arrivo della pandemia, riducendo indirettamente il tasso di mortalità rispetto a quello delle isole che imponevano una quarantena marittima parziale o non la prevedevano affatto. Tuttavia, l’applicabilità di questi risultati è incerta perché i viaggi via mare sono rari nel 21° secolo. Al contrario, Fujita e coll. (19) hanno riesaminato la politica di quarantena aerea dell’aeroporto internazionale di Narita a Tokyo, in Giappone, durante la pandemia di influenza A(H1N1)pdm09 dimostrando che l’intervento ha rilevato pochi casi ed era inefficace nel prevenire l’ingresso dei virus nel paese (19).
Nonostante le limitate evidenze a supporto, si stima che la quarantena domiciliare sia un intervento efficace. Tuttavia, identificare tempestivamente i casi e i loro contatti stretti è difficile durante la fase iniziale di una pandemia e impossibile nelle fasi successive.
La mancanza di solide basi scientifiche sulla quarantena solleva anche rilevanti questioni etiche relative alla libertà di movimento, oltre che delle persone infette, anche quelle non infette e non infettive. Inoltre, tali preoccupazioni sono aggravate ulteriormente dall’aumento del rischio di contagio tra le persone in quarantena (18,21,23). Di conseguenza, è verosimile che la quarantena volontaria (auto-quarantena) sia da preferire a quella obbligatoria nella maggior parte degli scenari (24). Non esistono evidenze scientifiche sulla durata ottimale della quarantena o della disattivazione del trigger. Teoricamente, per una normale influenza una quarantena di 4 giorni potrebbe essere sufficiente, coprendo un periodo di incubazione doppio (25). In ogni caso, la durata della quarantena dovrebbe essere regolata una volta definito il periodo di incubazione del ceppo del virus pandemico. La quarantena prolungata può causare un onere sostanziale a servizi sociali e lavoratori (26). Per limitare al minimo i possibili danni, possono essere adottate alcune misure come l’abbinamento della quarantena con la profilassi antivirale per i familiari (23).
Misure relative alle scuole
Per sospensione si intende la situazione in cui le scuole rimangono aperte per personale amministrativo e insegnanti, ma la maggior parte dei bambini rimane a casa. Le scuole possono continuare a fornire pasti ai bambini di famiglie a basso reddito o prendersi cura dei figli di personale incaricato dello svolgimento di servizi pubblici essenziali o di pubblica utilità . La chiusura delle scuole è un intervento più rigoroso, in cui gli edifici scolastici rimangono chiusi sia per i bambini che per tutto il personale. Sebbene la maggior parte degli studi disponibili sull’impatto di queste misure sulla trasmissione dell’influenza siano presentati come studi sulla chiusura delle scuole, in alcuni casi gli interventi applicati erano sospensioni delle attività scolastiche. Poiché negli studi inclusi non è sempre possibile identificare se l’intervento era di chiusura o di sospensione nella revisione sistematica non è stata fatta distinzione tra le due misure, in quanto gli effetti attesi dovrebbero essere simili.
Jackson e coll. (27) nel 2013 hanno pubblicato una revisione sistematica che includeva 79 studi epidemiologici sulla chiusura delle scuole, rilevando che tale misura potrebbe ridurre la trasmissione dell’influenza, in particolare tra i bambini in età scolare. Tuttavia, durata e tempi ottimali di chiusura non erano chiari sia per l’eterogeneità dei dati disponibili, sia perché la trasmissione tendeva ad aumentare quando le scuole venivano riaperte (27). Per aggiornare le evidenze di Jackson e coll. sono stati identificati 22 ulteriori studi pubblicati dal 2013 per un totale di 101 studi epidemiologici. La maggior parte di questi studi sono stati condotti nelle scuole primarie e secondarie; solo alcuni studi riguardano contesti universitari. Complessivamente, l’aggiornamento supporta le conclusioni di Jackson e coll.
13 studi hanno esaminato la chiusura preventiva delle scuole, ovvero situazioni in cui le scuole vengono chiuse con l’obiettivo di rallentare la trasmissione nella comunità (28). Un’analisi di correlazione tra i tassi di mortalità e gli interventi settimanali (tra cui la chiusura delle scuole) durante la pandemia del 1918-1919 nelle città degli Stati Uniti stimò che interventi precoci e prolungati hanno ridotto i tassi di mortalità di oltre il 25% (29). Due studi condotti a Hong Kong come risposta di sanità pubblica all’influenza A(H1N1)pdm09 hanno stimato che la chiusura delle scuole, seguita da vacanze scolastiche pianificate, ha ridotto la trasmissione dell’influenza (30,31).
16 studi che riportano l’efficacia della chiusura reattiva, in cui singole scuole o gruppi di scuole sono stati chiusi in seguito a gravi focolai scolastici di ILI (28). Due studi condotti in Giappone hanno stimato che il numero massimo di casi e il numero cumulativo di casi sono stati ridotti rispettivamente del 24% (32) e del 20% (33). Tuttavia, alcuni studi hanno stimato che la chiusura reattiva delle scuole non ha avuto alcun effetto nel ridurre il tasso totale di contagio, né la durata dei focolai scolastici e la diffusione dell’influenza (34,35,36).
L’effetto delle normali vacanze scolastiche nel ridurre la trasmissione dell’influenza è stato valutato in 28 studi. Si stima che le vacanze scolastiche pianificate riducano la trasmissione dell’influenza e ritardino il picco epidemico di >1 settimana (37,38). In alcuni casi, la trasmissione è ripresa dopo la riapertura delle scuole (39).
È noto che la frequenza scolastica dei bambini svolge un ruolo importante nella diffusione dei virus influenzali a causa di più elevati tassi di contatto da persona a persona, maggiore suscettibilità alle infezioni e maggiore infettività rispetto agli adulti (40,41). Pertanto, chiusure o sospensioni scolastiche sono un intervento di buon senso per bloccare la trasmissione nella comunità e numerosi studi osservazionali hanno confermato che la trasmissione complessiva dell’influenza nella comunità si riduce quando le scuole sono chiuse. Tuttavia, la letteratura fornice rilevanti avvertimenti, in particolare che la trasmissione si riduce solo quando le scuole sono chiuse. In alcune epidemie del passato, la chiusura delle scuole dopo il picco dell’epidemia ha avuto un impatto limitato sul tasso complessivo di contagio e nessuno sulla tempistica o sulla dimensione del picco epidemico in quanto già superato (27). In altre epidemie del passato, la trasmissione è ripresa dopo la riapertura delle scuole, quindi la chiusura delle scuole ha ritardato il picco dell’epidemia ma potrebbe non aver necessariamente ridotto le dimensioni del picco epidemico o il tasso di contagio complessivo (27). Sebbene queste considerazioni sembrino ovvie, timing e durata appropriati della chiusura delle scuole possono essere difficili da definire nel turbine di un’epidemia, tra ritardi informativi e difficoltà nell’interpretazione dei dati di sorveglianza.
La chiusura delle scuole può avere anche effetti negativi sull’equità etica e sociale, in particolare tra i gruppi vulnerabili (es. famiglie a basso reddito), che potrebbero essere mitigati interrompendo le lezioni, ma consentendo ad alcuni bambini di frequentare la scuola per pasti scolastici gratuiti o per consentire ai genitori di andare al lavoro. Una prolungata chiusura delle scuole potrebbe aumentare viaggi e occasioni di contatto nelle famiglie e in altre riunioni sociali (es. centri commerciali, teatri), rischiando così di aumentare il contagio nella comunità . La combinazione ottimale di tempistica, scala geografica e durata della chiusura delle scuole potrebbe differire in base ai diversi scenari epidemici/pandemici (42). Occorrono ulteriori studi per fornire strumenti validati volti a stimare in tempo reale non solo la progressione di un’epidemia o di una pandemia (43), ma anche l’impatto sulla salute pubblica di un intervento, come la chiusura delle scuole, con le relative tempistiche e durate.
Misure relative agli ambienti di lavoro
Queste misure mirano a ridurre la trasmissione dell’influenza negli ambienti di lavoro o durante il tragitto per raggiungerli. Il telelavoro, i turni scaglionati e il prolungamento delle ferie sono alcune delle misure comunemente utilizzare per mitigare le pandemie influenzali. Una revisione sistematica delle misure relative agli ambienti di lavoro di Ahmed e coll. (2) ha identificato evidenze, seppur deboli, che ne indicavano l’efficacia per rallentare la trasmissione, ridurre i tassi complessivi di contagio o i tassi di contagio di picco e ritardare il picco epidemico. Questa revisione aggiorna il dato con 3 ulteriori studi recentemente pubblicati che hanno ottenuto risultati simili. La retribuzione del congedo di malattia potrebbe aiutare a fare rispettare la raccomandazione di stare lontano dal luogo di lavoro durante la malattia (44,45).
Una ricerca specifica sull’efficacia della chiusura dei posti di lavoro nelle pandemie influenzali ha identificato 10 studi, tutti di simulazione. In generale, gli studi di simulazione prevedono che le chiusure degli ambienti di lavoro sarebbero in grado di ridurre almeno in parte la trasmissione all’interno della comunità , ma con un effetto minore rispetto alla chiusura delle scuole.
Le prove di efficacia delle misure relative agli ambienti di lavoro nel ridurre la trasmissione dell’influenza sono limitate. Due studi recenti non inclusi in questa revisione sistematica forniscono risultati contrastanti sull’efficacia del congedo retribuito per malattia e dell’astensione dal lavoro di un giorno per ILI (46,47). Analogamente alla chiusura delle scuole, timing e durata degli interventi relativi agli ambienti di lavoro sembrano incidere sul loro impatto nel mitigare una pandemia. Questa è un’area in cui sono necessari studi sperimentali per produrre evidenze di migliore qualità (es. politiche di telelavoro o turni scaglionati). Tuttavia, le misure e le chiusure degli ambienti di lavoro potrebbero avere notevoli conseguenze economiche. La decisione di includerle nei piani per fronteggiare le pandemie richiede di identificare attentamente gli ambienti di lavoro adatti all’applicazione degli interventi, di stabilire se compensare dipendenti o aziende per eventuali perdite di reddito o produttività e di ridurre disuguaglianze sociali nelle fasce a basso reddito e tra i lavoratori occasionali.
Misure per evitare gli assembramenti
Sono stati esaminati 3 studi osservazionali (6,48,49) che indicano che un tempestivo divieto di raduni pubblici e la chiusura di luoghi pubblici, compresi teatri e chiese hanno avuto effetti positivi sull’eccesso di mortalità durante la pandemia del 1918 negli Stati Uniti (5,48). Durante un focolaio influenzale verificatosi in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù nel 2008, è stato rilevato un tasso di contagio più elevato tra un gruppo di pellegrini alloggiati in una grande dormitorio rispetto a quelli che dormivano in gruppi più piccoli (49).
Le evidenze che suggeriscono di evitare gli assembramenti sono limitate. L’attuazione di misure in tal senso potrebbe richiedere una grande quantità di risorse (es. finanziarie e di personale addestrato), poco fattibile nei paesi a reddito medio-basso. Misure per evitare gli assembramenti potrebbero anche essere difficili da attuare in alcuni contesti per motivazioni culturali e religiosi (es. Hajj).
DISCUSSIONE
Le revisioni sistematiche suggeriscono che le misure di distanziamento sociale possono essere efficaci per ridurre la trasmissione e mitigare l’impatto di una pandemia influenzale. Tuttavia, le evidenze a sostegno di queste misure derivano in gran parte da studi osservazionali e studi di simulazione; pertanto, la qualità complessiva delle evidenze è relativamente bassa. Sono necessari evidenze empiriche o trial controllati su interventi singoli o combinati per chiarire l’uso delle misure di distanziamento sociale; migliorare le conoscenze sulle dinamiche di trasmissione di base dell’influenza, compreso il ruolo della contagiosità pre-sintomatica e la percentuale di infezioni asintomatiche50; determinare il timing e la durata ottimali per l’attuazione di tali misure, in particolare la chiusura delle scuole; fornire una valutazione costi-benefici per l’implementazione di queste misure.
Sebbene le prove di efficacia relative a ciascuna misura siano state revisionate singolarmente, le misure di distanziamento sociale frequentemente vengono attuate in combinazione. Ad esempio, durante la pandemia del 1918, varie misure sono state implementati contemporaneamente in alcune città degli Stati Uniti, tra cui chiusura delle scuole e divieto di raduni pubblici6. Sebbene gli studi di simulazione abbiano stimato un progressivo aumento dell’efficacia in relazione al numero di misure adottate, è necessario riflettere sull’identificazione degli interventi complementari. Misure di distanziamento sociale come chiusura di scuole e centri commerciali potrebbero essere implementate contemporaneamente per prevenire un aumento dei contatti sociali al di fuori dell’ambiente scolastico. La chiusura delle scuole potrebbe anche essere combinata a politiche di telelavoro per garantire ai genitori la possibilità di accudire i bambini in età scolare a casa.
Nonostante i limiti e le incertezze, tutte le misure di distanziamento sociale sono interventi necessari di salute pubblica per rispondere ad una prossima pandemia. È necessario considerare attentamente queste misure quando si redigono i piani per affrontare pandemia, in particolare in termini di aderenza dei cittadini, pianificazione e distribuzione delle risorse. Raccomandare ai malati di rimanere a casa è probabilmente la misura più semplice di distanziamento sociale, e i piani per contrastare le pandemie dovrebbero prevedere le modalità con cui consentire a bambini e lavoratori malati di astenersi dalla frequenza scolastica o dal lavoro. Ad esempio, le autorità sanitarie potrebbero raccomandare di sospendere l’obbligo del certificato medico in caso di assenza da scuola o dal lavoro. Infine, sebbene questa revisione si è concentrata sulle misure di distanziamento sociale da adottare durante le pandemie influenzali, i risultati potrebbero applicarsi anche alle gravi epidemie influenzali stagionali.
CONCLUSIONI
Studi osservazionali e di simulazione supportano l’efficacia delle misure di distanziamento sociale durante le pandemie influenzali. Un’attuazione tempestiva e un’elevata aderenza alle misure da parte della popolazione sono fattori chiave per il successo di questi interventi. Occorono ulteriori studi sulle dinamiche di trasmissione e su timing e durata ottimali delle misure relative a scuole e ambienti di lavoro.
NOTA
I dettagli sulla metodologia delle revisioni sistematiche (strategie di ricerca bibliografica, flusso per la selezione degli studi) e le evidence-table degli studi inclusi sono disponibili a: wwwnc.cdc.gov/eid/article/26/5/19-0995-techapp1.pdf
Contributo degli Autori
-Disclosure dei conflitti di interesse
Nessuno dichiaratoIndirizzo per la corrispondenza
info@gimbe.orgProvenienza
Tradotto e adattato da: Fong MW, Gao H, Wong JY, Xiao J, Shiu EYC, Ryu S, e coll. Nonpharmaceutical measures for pandemic influenza in nonhealthcare settings - social distancing measures. Emerg Infect Dis 2020;26 (5) May 17 [Online ahead of print]. Disponibile a: wwwnc.cdc.gov/eid/article/26/5/19-0995_article.Fonti di finanziamento
NessunaApprovazione comitato etico
-Ringraziamenti
-Pagina aggiornata il 6/marzo/2020