Conference Report
Evidence 2016;8(11): e1000157 doi: 10.4470/E1000157
Pubblicato: 27 novembre 2016
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Secondo stime relative al 2010, le spese globali per la ricerca scientifica ammontano ad oltre 240 miliardi di dollari: se questi investimenti hanno indubbiamente migliorato in maniera rilevante la salute delle popolazioni, ulteriori traguardi potrebbero essere raggiunti eliminando sprechi e inefficienze nei processi con cui la ricerca viene commissionata, pianificata, condotta, analizzata, normata, gestita, disseminata e pubblicata. Oggi, infatti, la ricerca biomedica è afflitta da un fenomeno imbarazzante e sempre più diffuso: numerose scoperte inizialmente promettenti non determinano alcun miglioramento nell’assistenza sanitaria perché molti studi non riescono a concretizzare robuste evidenze utili alla salute delle persone. Il quadro sopra descritto consegue a un complesso sistema di azioni e relazioni tra diversi attori della ricerca, come da tempo numerosi studi internazionali hanno messo in luce.
Già nel 1994, infatti, nello storico editoriale The Scandal of Poor Medical Research, Douglas Altman denunciava la scarsa qualità nel disegno e nel reporting della ricerca, affermando che “ogni anno ingenti somme di denaro vengono investite per condurre ricerca gravemente viziata da disegni di studio inappropriati, campioni piccoli e non rappresentativi, metodi di analisi inadeguati e interpretazioni distorte”. Da allora le problematiche si sono moltiplicate e si sono accumulate consistenti evidenze del loro impatto, facendo emergere ulteriori preoccupazioni sulla scarsa qualità della ricerca.
Nel 2009 Chalmers e Glasziou hanno identificato le principali fonti di sprechi evitabili nella ricerca biomedica: quesiti di ricerca irrilevanti, qualità metodologica inadeguata, inaccessibilità dei risultati, studi distorti da reporting selettivi e altri tipi di bias. Secondo gli autori, senza considerare le inefficienze delle fasi di regolamentazione e gestione della ricerca, gli sprechi ammonterebbero all’85% degli investimenti: la discussione innescata dall’impatto così elevato messo in luce dall’articolo ha generato numerosi eventi finalizzati a esplorare strumenti e strategie per affrontare una situazione non più accettabile.
Nel 2012 la consapevolezza di questi fenomeni è stata accelerata dalla pubblicazione di Bad Pharma, saggio di Ben Goldacre che ha definito con estrema chiarezza le conseguenze per la salute pubblica che derivano dalla mancata pubblicazione o dal reporting selettivo degli outcome nella ricerca sponsorizzata dall’industria farmaceutica. L’anno successivo il lancio della campagna AllTrials ha diffuso ulteriormente la consapevolezza della necessità di registrare tutti i trial clinici e di pubblicarne tutti i risultati.
Nel gennaio 2014 The Lancet con la serie Research: Increasing Value, Reducing Waste ha documentato che per aumentare il ritorno degli investimenti della ricerca (value) è necessario stabilire priorità più rilevanti, migliorare disegno, conduzione e analisi, ottimizzare le procedure di gestione e regolamentazione, garantire un adeguato reporting e una migliore usabilità della ricerca. è stata quindi costituita la REWARD (Reduce research Waste And Reward Diligence) Alliance e lanciata la campagna Lancet-REWARD, con la pubblicazione del REWARD Statement (box) e delle raccomandazioni con relativi indicatori di monitoraggio su cinque aree di potenziali sprechi della ricerca biomedica (figura 1): rilevanza della ricerca, adeguatezza del disegno dello studio, dei metodi e delle analisi statistiche, efficienza dei processi di regolamentazione e gestione, completa accessibilità ai dati, usabilità dei report. In occasione della prima conferenza Lancet-REWARD (settembre 2015), è stato pubblicato un report sugli outcome della campagna che, oltre a dare vita ad un acceso dibattito, ha generato numerose iniziative ed è sull’agenda di rilevanti categorie di stakeholder: finanziatori, agenzie regolatorie, riviste biomediche, istituzioni di ricerca e ricercatori.
Box. Il REWARD Statement Siamo consapevoli che, nonostante i nostri sforzi per eccellere nella ricerca biomedica, esistono ampi margini di miglioramento per ridurre gli sprechi e aumentare il value dei nostri studi. Infatti, il loro potenziale viene massimizzato quando:
Crediamo che sia nostra responsabilitĂ contribuire non solo al progresso delle conoscenze, ma anche al progresso della metodologia della ricerca, permettendo di migliorare la salute e la vita delle persone in tutto il mondo. In qualitĂ di finanziatori, enti regolatori, organizzazioni commerciali, editori, direttori di riviste biomediche, ricercatori, utilizzatori della ricerca e altro ci impegniamo a fare la nostra parte per aumentare il value e ridurre gli sprechi della ricerca. |
Nella consapevolezza che i vari attori della ricerca agiscono per il proprio interesse in sistemi che presentano rischi e fattori incentivanti, aumentando gli sprechi e riducendo il value della ricerca biomedica, la campagna Lancet-REWARD mira a dare nuovo vigore al processo scientifico promuovendo nuovi sistemi di supervisione e regolamentazione finalizzati a incentivare il rigore metodologico, a proteggere l’integrità del processo scientifico e ad allontanare i ricercatori da indebite influenze. Solo garantendo rigore in tutte le fasi della ricerca la comunità scientifica sarà in grado di proteggere se stessa dai sofismi della politica, separare le conflittuali logiche capitalistiche da quelle della scienza e dare reale valore al denaro dei finanziatori liberali e dei contribuenti, aumentando il value e riducendo gli sprechi della ricerca.
Convention Nazionale “Aumentare il value delle risorse investite nella ricerca biomedica”: brief report Il rinnovato interesse per la ricerca biomedica nel nostro Paese (rilancio della ricerca indipendente AIFA, Human Technopole, call per un’Agenzia Nazionale per la Ricerca) impone una riflessione sugli indicatori che misurano il ritorno degli investimenti nella ricerca biomedica: produttività scientifica, qualità delle evidenze pubblicate, impatto della ricerca sui servizi sanitari e sugli esiti di salute, oltre naturalmente a brevetti e profitti. In qualità di prima (e al momento unica) organizzazione italiana aderente, la Fondazione GIMBE ha lanciato in Italia la campagna Lancet-REWARD, per condividere con tutti gli stakeholder la necessità di ottenere il massimo ritorno in termini di salute dalle risorse investite nella ricerca biomedica. Oltre 150 partecipanti, rappresentativi di tutte le categorie di stakeholder (ricercatori, finanziatori pubblici e privati, enti regolatori, istituzioni di ricerca, comitati etici, editori, associazioni di pazienti) hanno risposto all’appello della Fondazione GIMBE prendendo parte a una convention nazionale che si è svolta a Bologna lo scorso 9 novembre. Dopo la lettura magistrale di Sir Iain Chalmers – già direttore del primo centro Cochrane a Oxford, coordinatore della James Lind Initiative e editor della James Lind Library – tre sessioni interattive, guidate da Silvio Garattini (Direttore dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri) e Nino Cartabellotta (Presidente della Fondazione GIMBE), hanno affrontato le problematiche che generano le 5 categorie di sprechi nella ricerca biomedica attraverso il confronto con i vari stakeholder. I partecipanti hanno fornito il proprio contributo attivo attraverso una survey con televoter, attribuendo uno score di priorità a ciascuna delle 17 raccomandazioni REWARD (tabella, figure 2-6). |