Editoriale
Evidence 2016;8(6): e1000144 doi: 10.4470/E1000144
Pubblicato: 8 giugno 2016
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Il 7 giugno 2016 la Fondazione GIMBE ha presentato a Roma, presso la Biblioteca del Senato della Repubblica, il “Rapporto sulla sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale 2016-2025”. Il Rapporto è disponibile all’indirizzo: www.rapportogimbe.it. Sino al 30 settembre, attraverso un modulo dedicato, è possibile partecipare alla consultazione pubblica per commenti, suggerimenti, integrazioni, all’indirizzo www.rapportogimbe.it/consultazione. l presente articolo riporta l’Executive Summary del Rapporto GIMBE.
Diversi sono i fattori che oggi minano la sostenibilità di tutti i sistemi sanitari: il progressivo invecchiamento delle popolazioni, il costo crescente delle innovazioni, in particolare quelle farmacologiche, e il costante aumento della domanda di servizi e prestazioni da parte di cittadini e pazienti. Tuttavia, il problema della sostenibilità non è di natura squisitamente finanziaria, perché un’aumentata disponibilità di risorse non permette comunque di risolvere cinque criticità ampiamente documentate nei paesi industrializzati: l’estrema variabilità nell’utilizzo di servizi e prestazioni sanitarie; gli effetti avversi dell’eccesso di medicalizzazione; le diseguaglianze conseguenti al sotto-utilizzo di servizi e prestazioni sanitarie dall’elevato value; l’incapacità di attuare efficaci strategie di prevenzione; gli sprechi, che si annidano a tutti i livelli.
In tal senso, il dibattito sulla sostenibilitĂ del SSN continua ad essere affrontato in maniera distorta dalle varie categorie di stakeholder che, guardando a un orizzonte a breve termine, rimangono arenate su come reperire le risorse per mantenere lo status quo, allontanando la discussione dalle modalitĂ con cui riorganizzare il sistema per garantirne la sopravvivenza.
Nel marzo del 2013 la Fondazione GIMBE ha lanciato la campagna “Salviamo il Nostro SSN”, per diffondere la consapevolezza a tutti i livelli che la sanità pubblica è un bene comune da tutelare e una conquista sociale da preservare alle future generazioni. Dai risultati ottenuti in tre anni di studi, consultazioni e analisi indipendenti è nato il Rapporto GIMBE, che analizza la sostenibilità del SSN in una prospettiva decennale (2016-2025), arco temporale sufficiente a mettere in campo gli interventi necessari per fronteggiare la crisi.
Durante un lungo periodo di grave crisi economica, per garantire la sostenibilità di un servizio sanitario nazionale possono essere messe in campo tre strategie non alternative: contenere il definanziamento pubblico, utilizzare altre fonti di finanziamento (compartecipazione alla spesa, incremento IRPEF, sanità integrativa), ridurre gli sprechi ed aumentare il value dell’assistenza. Dopo aver analizzato i trend della spesa pubblica, della compartecipazione alla spesa e dell’incremento delle addizionali regionali IRPEF, ed esaminato le attuali criticità che caratterizzano la sanità integrativa, il Rapporto definisce la tassonomia degli sprechi in sanità , stimando il loro impatto sulla spesa sanitaria pubblica del 2015: € 24,73 miliardi erosi da sovra-utilizzo, frodi e abusi, acquisti a costi eccessivi, sotto-utilizzo, complessità amministrative, inadeguato coordinamento dell’assistenza.
Considerato che un sistema sanitario deve ottenere il massimo ritorno in termini di salute dalle risorse investite (value for money), la Fondazione GIMBE ha sviluppato un framework di sistema per guidare il processo di disinvestimento da sprechi e inefficienze legati a overuse e underuse di servizi e prestazioni sanitarie e all’inadeguato coordinamento dell’assistenza. Il Rapporto descrive dettagliatamente le strategie per disinvestire da servizi e prestazioni sanitarie inefficaci, inappropriate e dal basso value e per riallocare le risorse recuperate in servizi e prestazioni efficaci, appropriate e dall’elevato value sotto-utilizzate, spesso causa di diseguaglianze. Suggerisce quindi le modalità per orientare una riorganizzazione integrata di ospedale e cure primarie, attraverso una variabile articolazione di setting assistenziali per intensità di cura, sviluppo della transitional care e di modalità avanzate di integrazione socio-sanitaria, reti interaziendali, lean management.
Il Rapporto analizza quindi le criticità applicative dei LEA in relazione agli assetti politico-istituzionali e organizzativi del SSN, formulando diversi suggerimenti su articolazione, definizione e aggiornamento, monitoraggio. Dall’analisi emerge chiaramente che oggi la principale criticità dei LEA non è rappresentata dal loro aggiornamento in quanto tale, ma dai metodi utilizzati sia per definire l’elenco delle prestazioni da includere/escludere, sia per integrare le migliori evidenze nella definizione e aggiornamento dei LEA.
Infine, stimato il fabbisogno del SSN per il 2025, il Rapporto, ispirandosi al metodo dei “cunei di stabilizzazione” di Pacala e Sokolow, conclude che la sostenibilità del SSN nel prossimo decennio è legata all’apporto costante di tre cunei: incremento della quota intermediata della spesa privata, disinvestimento dagli sprechi e ripresa del finanziamento pubblico.
Escludendo a priori un disegno occulto di smantellamento e privatizzazione del SSN, la Fondazione GIMBE propone un “piano di salvataggio” del SSN che richiede anzitutto l’esplicita volontà di rimettere al centro dell’agenda politica la sanità pubblica e, più in generale, il sistema di welfare, sintonizzando programmazione finanziaria e sanitaria sull’obiettivo prioritario di salvaguardare la più grande conquista sociale dei cittadini italiani, un servizio sanitario pubblico equo e universalistico da garantire alle future generazioni.
In assenza di un simile cambio di rotta, lo scenario prevedibile nell’arco temporale 2016-2025 è una graduale e inesorabile trasformazione verso un sistema sanitario misto, che consegnerebbe definitivamente alla storia il nostro tanto decantato sistema di welfare. Considerato che oggi i segnali di questa involuzione sono già evidenti, i tempi politici per decidere il destino del SSN sono ormai prossimi alla scadenza.
Dopo che per anni si sono stratificate inequivocabili evidenze sulle diseguaglianze regionali, sulla scarsa qualità dell’assistenza e sulle diseguaglianze nell’accesso alle prestazioni, oggi si iniziano a vedere i primi effetti sulla mortalità , un dato che dovrebbe muovere senza indugi coscienza sociale e volontà politica.