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Evidence 2014;6(5): e1000079 doi: 10.4470/E1000079
Pubblicato: 28 maggio 2014
Copyright: © 2014 Laganà . Questo è un articolo open-access, distribuito con licenza Creative Commons Attribution, che ne consente l’utilizzo, la distribuzione e la riproduzione su qualsiasi supporto esclusivamente per fini non commerciali, a condizione di riportare sempre autore e citazione originale.
Ancora oggi le cause dell’endometrosi sono poco chiare: molteplici evidenze (1) suggeriscono che le mutazioni genetiche ed epigenetiche potrebbero giocare un ruolo fondamentale nell’alterazione dei corretti processi di organogenesi dell’apparato riproduttivo femminile. Sembrerebbe che le cellule primordiali indifferenziate che formeranno le differenti parti dell’apparato riproduttivo femminile possano posizionarsi in maniera errata durante l’organogenesi. Durante l’età postpuberale, queste cellule possono differenziarsi sotto l’influenza dei cambiamenti ormonali, generando le tipiche formazioni endometriosiche a livello peritoneale. Una volta formati, i foci endometriosici sviluppano un’interazione dinamica con il sistema immunitario, che induce la tipica risposta infiammatoria del microambiente peritoneale
Indipendentemente dalle nuove evidenze sull’eziologia, segni e sintomi dell’endometrosi sono ben noti: alcune donne lamentano sintomi quali dolore e/o infertilità , altre sono del tutto asintomatiche; questo fa sì che la diagnosi precoce è ancora un’obiettivo lontano. L’esatta prevalenza dell’endometriosi è sconosciuta, ma le stime oscillano tra il 2 e il 10% delle donne in età riproduttiva, fino al 50% delle donne infertili (2,3).
Recentemente la European Society of Human Reproduction and Embryology (ESHRE) ha pubblicato le nuove linee guida (4) che aggiornano le precedenti del 2006(5).In particolare, sono state formulate 83 raccomandazioni relative a: diagnosi dell’endometriosi, trattamento del dolore e dell’infertilità associati, opzioni terapeutiche nelle donne asintomatiche con diagnosi incidentale della malattia, prevenzione delle riacutizzazioni della malattia e/o dei dolori associati, trattamento dei sintomi menopausali nelle donne con anamnesi personale positiva per endometriosi, possibile associazione tra endometriosi e tumori maligni.
Numerose raccomandazioni delle nuove linee guida sono analoghe alle precedenti (5), un aspetto che indica la carenza di studi recenti di elevata qualità in alcune aree. La differenza principale tra le due linee guida è la metodologia strutturata, basata sul Manual for ESHRE Guideline Development(6), che prevede una revisione sistematica della letteratura e una valutazione analitica degli studi inclusi su cui basare le raccomandazioni cliniche.
Questo articolo riporta le principali raccomandazioni formulate dall’ESHRE per il management dell’endometriosi.
1. Diagnosi
Considerare la diagnosi di endometriosi:
- in presenza di sintomi ginecologici quali dismenorrea, dolore pelvico cronico, dispareunia profonda, infertilità e astenia associata ai sintomi elencati;
- nelle donne in età riproduttiva con sintomi non ginecologici ciclici quali dischezia, disuria, ematuria e sanguinamento rettale, mal di schiena.
Considerare la diagnosi di:
- endometriosi profonda nelle donne con infiltrazioni (associate a dolore) e/o noduli sulla parete retto-vaginale evidenziati tramite esame clinico, o noduli vaginali visibili nel fornice vaginale posteriore;
- endometrioma ovarico nelle donne con masse a livello degli annessi uterini, evidenziate tramite esame clinico;
- endometriosi nelle donne con sospetta malattia, anche nel caso di esame clinico normale.
Per diagnosticare l’endometriosi, è necessario:
- eseguire una laparoscopia, sebbene non vi siano prove sufficienti per le quali una diagnosi laparoscopica senza esame istologico possa confermare la malattia;
- confermare una diagnosi laparoscopica positiva tramite esame istologico, in quanto un esame istologico positivo conferma la diagnosi di endometriosi (anche se un risultato negativo non può escludere la presenza della malattia);
- ottenere tessuto da analizzare istologicamente nel caso di donne sottoposte ad intervento chirurgico per endometriomi e/o infiltrazioni profonde, per escludere l’insorgenza di neoplasie.
Riguardo alla diagnostica per immagini:
- eseguire un’ecografia transvaginale per confermare o escludere un endometrioma ovarico;
- basare la diagnosi di endometrioma ovarico nelle donne in età fertile sulle seguenti caratteristiche ecografiche: aspetto a vetro smerigliato, da uno a quattro compartimenti e nessuna struttura papillare con flusso sanguigno rilevabile.
Essere consapevoli che:
- l’efficacia dell’ecografia 3D nella diagnosi dell’endometriosi del setto retto-vaginale non è provata;
- l’efficacia della risonanza magnetica nella diagnosi dell’endometriosi peritoneale non è provata;
- è necessario accertare il coinvolgimento di uretra, vescica e intestino tramite ulteriore diagnostica per immagini, se vi è un sospetto di endometriosi profonda basato sulla storia clinica o sull’esame obiettivo, in preparazione a ulteriori trattamenti.
Non utilizzare i marcatori biologici su tessuto endometriale, su fluidi mestruali e uterini e/o marcatori immunologici (incluso CA-125) su plasma, urina o siero ai fini della diagnosi della patologia.
2. Trattamento medico del dolore
- informare le pazienti che la loro sintomatologia è presumibilmente riconducibile alla patologia endometriosica, e iniziare un trattamento empirico con adeguata analgesia, combinando contraccettivi ormonali o progestinici;
- prescrivere trattamenti ormonali, come contraccettivi ormonali, progestinici, antiprogestinici o analoghi dell’ormone di rilascio delle gonadotropine (GnRH), che riducono il dolore pelvico cronico tipico dell’endometriosi;
- considerare le preferenze della paziente, gli effetti collaterali, l’efficacia, il costo e la disponibilità nella scelta del trattamento ormonale per il dolore pelvico cronico.
Il medico può valutare:
- la prescrizione di un contraccettivo ormonale combinato, che permette di ridurre la dispareunia, la dismenorrea e il dolore pelvico non mestruale;
- l’utilizzo continuativo di una pillola contraccettiva combinata nelle donne che soffrono di dismenorrea associata all’endometriosi;
- l’utilizzo di un anello vaginale o un cerotto transdermico (contenenti estrogeni/progestinici) per ridurre dispareunia, dismenorrea e dolore pelvico cronico.
Per quanto riguarda progestinici e antiprogestinici:
- utilizzarli per contrastare la sintomatologia algica correlata alla patologia;
- tenere in considerazione gli effetti collaterali delle due categorie di farmaci al momento della prescrizione, in particolare quelli irreversibili (es. trombosi e androgenismo);
- considerare la prescrizione di un dispositivo intrauterino rilasciante levonorgestrel (LGN-IUS).
Per quanto riguarda gli analoghi del GnRH:
- valutarli come opzione terapeutica, sebbene dosaggio e durata del trattamento non siano ancora ben definiti;
- prescrivere una terapia ormonale estro-progestinica di supporto in concomitanza con l’inizio della terapia con analoghi del GnRH, per prevenire la perdita di tessuto osseo e le sintomatologia correlata allo stato ipoestrogenico;
- prestare particolare attenzione al loro utilizzo nelle pazienti giovani e adolescenti, che potrebbero non aver ancora raggiunto il picco di massa ossea.
Inoltre:
- nelle pazienti che presentano dolore derivante da una forma di endometriosi retto-vaginale refrattaria ad altri trattamenti medici o chirurgici, considerare la prescrizione di inibitori dell’aromatasi, associati all’assunzione di contraccettivi orali, progestinici o analoghi del GnRH, in grado di ridurre la sintomatologia algica;
- considerare la prescrizione di antinfiammatori non-steroidei o altri analgesici allo scopo di alleviare il dolore.
3. Trattamento chirurgico del dolore
Quando si sospetta la presenza di endometriosi durante una laparoscopia diagnostica in paziente sintomatica (visualizzazione diretta delle lesioni), si raccomanda al personale medico di intervenire chirurgicamente, data la provata efficacia del trattamento chirurgico nella riduzione del dolore pelvico cronico.
Nelle pazienti con endometrioma ovarico:
- al momento dell’intervento eseguire una cistectomia anziché drenaggio e coagulazione, poiché la prima risulta più efficace nel trattamento del dolore;
- preferire la cistectomia alla vaporizzazione tramite laser a CO2, in quanto associata a un rischio più basso di recidive.
Per le pazienti con endometriosi profonda:
- considerare la rimozione chirurgica, in quanto non solo è efficace nel trattamento algico, ma riesce a garantire un miglioramento della qualità della vita delle pazienti;
- indirizzare le pazienti con endometriosi profonda sospetta o accertata verso un centro specializzato che offra tutti i trattamenti disponibili in un contesto multidisciplinare.
L’isterectomia, con la rimozione delle ovaie e di tutte le lesioni endometriosiche visibili, è da valutare come soluzione radicale nelle pazienti non desiderose di prole e non rispondenti a trattamenti più conservativi. Andrebbe inoltre comunicato alle pazienti che questo genere di trattamento non assicura la risoluzione definitiva della patologia e dei sintomi associati.
L’ablazione uterosacrale laparoscopica non dovrebbe essere eseguita come procedura di supporto alla chirurgia conservativa volta alla riduzione del dolore pelvico cronico. Viceversa, il personale medico dovrebbe essere a conoscenza che la neurectomia presacrale è efficace come trattamento di supporto alla chirurgia conservativa volta alla riduzione del dolore moderato, ma necessita di un elevato grado di abilità e non è scevra da complicanze.
Il medico può utilizzare cellulosa ossidata rigenerata durante la laparoscopia operativa, in quanto in grado di prevenire la formazione di aderenze. A tal fine, non utilizzare icodestrina in seguito al trattamento laparoscopico, dal momento che non è stata rilevata alcuna efficacia in tal senso. Infine, il personale medico deve tener presente che gli altri agenti utilizzati per prevenire la formazione di aderenze (membrane chirurgiche in politetrafluoroetilene, prodotti a base di acido ialuronico) sono stati oggetto di studio e la loro efficacia nel prevenire l’insorgenza di aderenze nel caso di chirurgia pelvica è stata comprovata, sebbene non specificamente nei casi di donne affette da endometriosi.
Per quanto riguarda il trattamento ormonale aggiuntivo, non prescrivere:
- trattamento ormonale pre-chirurgico allo scopo di migliorare l’esito della chirurgia volta alla risoluzione della sintomatologia algica correlata a endometriosi;
- trattamento ormonale aggiuntivo per il dolore correlato all’endometriosi dopo chirurgia, in quanto non in grado di migliorare la sintomatologia.
Riguardo la prevenzione secondaria della patologia e della sintomatologia algica:
- il trattamento chirurgico ha un ruolo fondamentale nella prevenzione delle recidive e del dolore associato: la modalità d’intervento dipende dalle preferenze della paziente, dai costi, dalla disponibilità e dagli effetti collaterali;
- nelle donne sottoposte a chirurgia per un endometrioma (≥ 3 cm), eseguire una cistectomia ovarica anziché drenaggio ed elettrocoagulazione, per la prevenzione secondaria di dismenorrea, dispareunia e dolore pelvico non mestruale associati a endometriosi;
- in seguito alla cistectomia per endometrioma ovarico in donne non desiderose di prole, prescrivere contraccettivi ormonali combinati;
- in caso di intervento chirurgico per endometriosi, è raccomandata la prescrizione post-operatoria di LNG-IUS o contraccettivi ormonali combinati per almeno 18-24 mesi, per la prevenzione secondaria della dismenorrea associata alla patologia, ma non del dolore pelvico non mestruale e dispareunia.
4. Trattamento dell’infertilitÃ
Nelle donne infertili affette da endometriosi, non prescrivere alcun trattamento ormonale finalizzato alla soppressione della funzionalità ovarica allo scopo di migliorare la fertilità .
Nel caso di donne infertili con endometriosi di stadio I/II, secondo la classificazione dell’American Fertility Society (AFS)/American Society for Reproductive Medicine (ASRM):
- eseguire una laparoscopia operativa (escissione o ablazione delle lesioni), adesiolisi inclusa, piuttosto che eseguire esclusivamente una laparoscopia diagnostica, al fine di incrementare la possibilità di gravidanze future;
- considerare la vaporizzazione tramite laser a CO2 anziché l’elettrocoagulazione monopolare, dal momento che la prima è associata a un tasso più elevato di gravidanze insorte spontaneamente.
Nelle donne infertili sottoposte a chirurgia per endometrioma ovarico, la tecnica chirurgica dovrebbe prevedere l’escissione della capsula endometriosica, anziché il drenaggio e l’elettrocoagulazione della parete dell’endometrioma, per incrementare la possibilità di gravidanze spontanee. Il GDG raccomanda ai medici di informare le pazienti con endometrioma sul rischio di una ridotta funzionalità ovarica in seguito all’intervento o sulla possibile perdita dell’ovaio. La decisione di procedere o meno con l’intervento dovrebbe essere attentamente valutata nel caso di chirurgia ovarica precedente.
Nelle donne infertili con endometriosi di stadio III/IV (classificazione AFS/ASRM), valutare l’utilizzo di laparoscopia operativa anziché seguire una condotta di attesa, per incrementare la possibilità di gravidanze spontanee.
Il GDG sconsiglia la prescrizione di trattamenti ormonali aggiuntivi pre- o post-operatori per incrementare la possibilità di gravidanze spontanee, dal momento in cui non vi sono prove evidenti dell’efficacia degli stessi.
Infine, non esistono evidenze a supporto dell’uso di integratori nutrizionali, farmaci non convenzionali e trattamenti alternativi nella cura dell’infertilità nelle pazienti affette da endometriosi.
4.1. Tecniche di procreazione assistita
Nelle donne infertili con endometriosi di stadio I/II (classificazione AFS/ASRM), effettuare inseminazione intrauterina con stimolazione ovarica controllata, anziché seguire una condotta di attesa, al fine di garantire un incremento del tasso di nascite.
Il GDG raccomanda l’utilizzo di tecniche di procreazione medicalmente assistita (Assisted Reproductive Technology - ART) in caso di infertilità associata ad endometriosi, in particolare se la funzionalità tubarica risulta compromessa o se vi è un fattore maschile tra le cause dell’infertilità , e/o altri trattamenti sono risultati inefficaci. Questo vale anche in seguito all’intervento chirurgico, poiché i tassi di recidiva della patologia endometriosica non aumentano con la stimolazione ovarica controllata.
Inoltre, il medico può prescrivere analoghi del GnRH per un periodo di 3-6 mesi prima della terapia ART, al fine di incrementare le possibilità di gravidanza.
Non esistono evidenze che il trattamento ART nelle donne infertili con un endometrioma di dimensioni superiori a 3 cm possa incrementare il tasso di gravidanza. In particolare, il GDG raccomanda di informare le pazienti con endometrioma sul rischio di una ridotta funzionalità ovarica in seguito all’intervento o sulla possibile perdita dell’ovaio. La decisione di procedere o meno con l’intervento andrebbe attentamente valutata nel caso di chirurgia ovarica precedente.
Infine, l’efficacia dell’escissione chirurgica delle lesioni nodulari profonde prima del trattamento ART nelle donne con infertilità associata all’endometriosi non è ben definita.
5. Sintomatologia menopausale iatrogena
Il GDG consiglia la prosecuzione del trattamento con estrogeni e progestinici combinati o tibolone nelle donne con anamnesi positiva per patologia endometriosica, in seguito a menopausa causata da chirurgia, almeno sino all’età dell’insorgenza fisiologica della menopausa.
6. Diagnosi incidentale di endometriosi
- Non eseguire di routine escissioni e ablazioni chirurgiche in seguito al riscontro accidentale di un’endometriosi asintomatica durante un intervento, dal momento che l’evoluzione della patologia non è chiara;
- informare in maniera completa la paziente sulla diagnosi incidentale della patologia.
7. Prevenzione primaria dell’endometriosi
Non è provata l’efficacia di:
- contraccettivi orali;
- attività fisica nella prevenzione primaria dell’endometriosi.
8. Endometriosi e cancro
Informare le pazienti affette da endometriosi che richiedono informazioni sul rischio di sviluppare una patologia neoplastica che:
- non ci sono prove certe che dimostrino l’associazione tra endometriosi e cancro;
- non c’è un aumento dell’incidenza di neoplasie nelle pazienti affette da endometriosi.