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Evidence 2013;5(2): e1000036 doi: 10.4470/E1000036
Ricevuto: 22 gennaio 2013 Accettato: 15 febbraio 2013 Pubblicato: 28 febbraio 2013
Copyright: © 2013 Cellini. Questo è un articolo open-access, distribuito con licenza Creative Commons Attribution, che ne consente l’utilizzo, la distribuzione e la riproduzione su qualsiasi supporto esclusivamente per fini non commerciali, a condizione di riportare sempre autore e citazione originale.
Background
Uno studio condotto nell’Area Vasta Emilia Centrale (AVEC) sulla eventuale rimodulazione della “Rete della Riabilitazione” ha rilevato il notevole impatto socio-sanitario della frattura di femore nei pazienti di età superiore a 65 anni. Infatti, nell’AVEC nel 2010 questo evento ha richiesto 3.335 ricoveri, pari a 64.332 giornate di degenza, con un impatto economico di € 28.422.292, considerando solo i primi episodi di ricovero. Inoltre, la frattura di femore nel paziente anziano ha una notevole rilevanza organizzativa per il coinvolgimento immediato delle strutture ospedaliere per acuti, delle strutture sanitarie e socio-sanitarie di assistenza intermedia (spesso private) e di tutte le forme di assistenza territoriale (residenziale, domiciliare e familiare).
Particolarmente significativi sono i tassi grezzi di ospedalizzazione, in AVEC più bassi rispetto alla media regionale, nonostante gli indici di vecchiaia aziendali siano più elevati (tabella 1). Inoltre, nel 2010 uno studio realizzato dall’Agenzia Socio-Sanitaria della Regione Emilia-Romagna (RER) ha rilevato la difficoltà di alcune strutture ospedaliere AVEC di rispettare il timing di 48 ore per l’intervento chirurgico, suggerito dalla letteratura scientifica e raccomandato dalla stessa RER (tabella 2).
Pertanto, il Coordinamento del Collegio Tecnico dei Direttori Sanitari AVEC ha istituito nel 2010 un gruppo di lavoro multidisciplinare (GLAM) con il compito di verificare nelle proprie aziende sanitarie l’implementazione del percorso assistenziale (PA) per i pazienti anziani con frattura del femore, rispetto alle migliori evidenze disponibili, identificando possibili aree di miglioramento.
Obiettivi
Ai fini della riorganizzazione della rete riabilitativa dell’AVEC, il progetto mira ad identificare il PA per la frattura del femore più efficace, più efficiente e più costo/efficace. Considerato che non tutti i dati rilevanti per la costruzione degli indicatori sono disponibili dai database aziendali, è stato progettato e condotto un audit clinico strutturato, al fine di identificare dalle cartelle cliniche dei pazienti tali informazioni.
Metodi
Per l’anno 2010 sono stati identificati nella banca dati della RER dei ricoveri ospedalieri 2.897 pazienti dimessi da strutture ospedaliere pubbliche e private accreditate in AVEC di età superiore a 65 anni con prima diagnosi di frattura di femore (codice ICD9CM - Ver. 24/2007 - compreso tra 820 e 82139).
Il numero di ricoveri medi per paziente, comprensivi di quelli in lungodegenza post-acuzie (LPA) di strutture private accreditate è pari a 1.1 ricoveri per persona/anno, evidenziando una bassa rilevanza del fenomeno dei ricoveri ripetuti. Non sono stati applicati filtri sulla residenza del paziente, poiché la frattura di femore è un evento acuto non influenzabile dalla mobilità sanitaria, né dal tipo di frattura (infatti sono state considerate anche le fratture diafisarie).
Utilizzando un software freeware realizzato dal King’s College Hospital del NHS inglese, è stato calcolato un campione rappresentativo di 337 fratture riferite a 337 diversi pazienti. In maniera casuale sono stati identificati 202 casi per Bologna, 108 per Ferrara, 27 per Imola. La valutazione retrospettiva è stata condotta sulle cartelle cliniche dei ricoveri ospedalieri, previa definizione dei diversi criteri da esaminare insieme ai relativi indicatori e target (tabella 3).
è stato sviluppato un questionario ad hoc e messo a punto un applicativo con Microsoft Access che è stato testato su cartelle campione, condiviso dal GLAM entro il 31/12/2011 e fornito agli auditor delle rispettive aziende territoriali (10 per Bologna, 3 per Ferrara, 3 per Imola).
La fase di analisi delle cartelle cliniche è stata completata nel maggio 2012. I dati forniti dagli auditor sono stati raccolti in un unico database per l’analisi complessiva dei dati e i casi con documentazione incompleta o “missing” sono stati inclusi nell’analisi per evitare potenziali bias.
Risultati
Per 17 dei 337 pazienti selezionati (5%) non è stato possibile reperire la documentazione clinica o raccogliere dati completi per la mancanza di corretti criteri di inclusione (cartelle dei reparti di trasferimento non disponibili, errori di codifica SDO in caso di fratture di cotile, rimozione mezzi di sintesi, etc.). Di conseguenza, sono stati analizzati dati relativi a 320 pazienti di cui vengono riportati i risultati principali relativi alle vari fasi del PA esaminate [pronto soccorso (PS), pre-intervento, intervento, post-intervento, complicanze, recupero funzionale, assistenza domiciliare], oltre che quelli relativi alle complicanze e alla mortalità .
Pronto soccorso
- 82% dei pazienti proviene dal domicilio, di cui il 56% in maniera autonoma.
- Il codice di triage all’accoglienza è risultato corretto (giallo) nel 63% dei casi.
- La rilevazione del minuto di accoglienza del paziente in PS è presente nel 98% dei casi.
- La Rx torace è stata richiesta in PS nell’84% dei casi, le analisi urgenti di laboratorio e l’ECG sono stati effettuati in PS rispettivamente nel 56% e nel 48% dei casi.
- È stata rilevata una scarsa aderenza al controllo del dolore sia con il solo paracetamolo (11%), sia con altri antidolorifici (26%).
- L’82% dei pazienti sono stati inviati alla UO di Ortopedia.
Pre-intervento
- 0 pazienti non sono stati sottoposti a intervento chirurgico di riduzione della frattura perchè non presentavano indicazioni cliniche all’intervento.
- L’approccio geriatrico al paziente con frattura di femore è stato rilevato nel 42,5% dei casi, principalmente nelle UU.OO. di Ortopedia (28,8%).
- La valutazione multidimensionale/multiprofessionale del paziente è stata rilevata nel 23% dei casi.
- L’anamnesi relativa allo stato sociale è stata raccolta in circa 1/3 dei casi, mentre le informazioni relative allo stato cognitivo e funzionale in 1/4 dei casi.
- La redazione di un piano assistenziale integrato strutturato è documentata solo in 8 pazienti (2,5%).
- Solo in 3 pazienti (1%) è documentato l’utilizzo di uno strumento di valutazione delle comorbidità .
Intervento
- Nel 80% degli interventi è stata assegnata la classe anestesiologica di rischio ASA III o superiore.
- Nel 88% dei casi è stata rilevata la sede prossimale della frattura femorale; la sintesi con chiodo endomidollare o placca/vite è l’intervento più frequente (52%), seguito da quelli di endoprotesi (30%) e di artroprotesi (10%).
- Rispetto al carico assegnato, nel 10% dei casi non è stato possibile raccogliere indicazioni, nel 20% non è stato concesso, nel 15% dei pazienti è stato prescritto in forma completa e nel 55% in forma parziale.
- Il tempo medio di attesa pre-chirurgica è di 4.1 giorni, con significative differenze territoriali: Bologna 3.6, Ferrara 4.8, Imola 4.2.
- La percentuale di pazienti operati entro le 48 ore, pari al 34% in AVEC presenta rilevanti differenze territoriali: Bologna 43%, Imola 37%, Ferrara 16% (rispetto a un target del 45%).
- Solo in 76 casi (25%) vengono riportate in cartella clinica le motivazioni per differire l’intervento chirurgico oltre le 48 ore dall’ingresso in PS.
Post-intervento
- La mancata valutazione post-operatoria del paziente da parte del fisiatra e del fisioterapista è sovrapponibile (circa 50%).
- Il 57% dei pazienti risultano presi in carico dal fisioterapista; l’84% ha ricevuto il minimo di 5 sedute riabilitative/settimana; 5 pazienti (1.6%) presentavano controindicazioni al trattamento.
- Nel 92% dei pazienti è stata somministrata profilassi con eparine a basso peso molecolare.
- Nel 9% dei casi è stata somministrata vitamina D e nel 17% dei pazienti integrazione calcica.
- Nel 72% dei casi è stata effettuata almeno un’emotrasfusione.
- Il 90% dei pazienti è risultato portatore di catetere vescicale durante il ricovero.
- Sovrapponibili i dati relativi al controllo del dolore, rilevati nel 35% dei casi sia nella fase acuta post-intervento, sia in quella subacuta che, secondo le definizioni del GLAM, inizia una settimana dopo l’intervento.
- Una discreta variabilità dei dati è emersa a proposito della sede di trasferimento del paziente, con una significativa predominanza delle strutture di lungodegenza (30% medica e 25% riabilitativa), la cui percentuale complessiva è del 55%; il 25% dei pazienti sono dimessi a domicilio e il 3% da reparto di riabilitazione intensiva.
- Delle 220 dimissioni verso altri presidi sanitari o socio-sanitari, 78 (35%) sono avvenute in strutture pubbliche.
- 39 dimissioni (13%) si configurano come protette.
- Nel 46% dei pazienti operati sono state rilevate complicanze, di cui il 79% si manifesta entro il decimo giorno dall’intervento; il numero medio di complicanze per paziente è pari a 1.43.
- Le sedi più colpite sono: la cute (28%), l’apparato cardiovascolare (10%), l’apparato urinario (9%), il sistema nervoso centrale (8%) e il sistema respiratorio (3%).
- La dislocazione della protesi è stata codificata in 7 pazienti (2.3%), l’embolia polmonare in 3 pazienti (1%).
Recupero funzionale
Rispetto alla fase acuta, in quella post-acuta è stata rilevata una maggiore difficoltà nella raccolta dei dati.
- Le scale di rilevazione delle activities of daily living (ADL) sono state utilizzate nel 24% dei pazienti in fase acuta e nel 35% in fase post-acuta.
- La redazione di un piano individuale di continuità assistenziale (discharge planning) è documentata nel 28% dei casi.
- Al momento della chiusura del PA il 41% dei pazienti è autonomo dal punto di vista della deambulazione (rispetto al 59% prima della frattura).
- La mortalità ospedaliera rilevata durante il primo ricovero nei pazienti operati è del 2.3%, senza differenze significative tra le diverse aree.
- La mortalità cumulativa dei pazienti operati a 1, 6 e 12 mesi è rispettivamente del 5%, 10% e 16%, senza differenze significative tra le diverse aree territoriali.
I dati sono stati raccolti esclusivamente nell’area territoriale di Bologna dove è presente un Servizio di Riabilitazione Domiciliare e attivo un percorso interaziendale finalizzato al trasferimento precoce dalle UU.OO. di ortopedia di pazienti selezionati che possano beneficiare di trattamenti domiciliari. Dei 202 pazienti nel territorio di Bologna:
- 25 (12,4%) hanno ricevuto prestazioni riabilitative domiciliari nel corso del periodo considerato;
- 3 (1,5%) erano giĂ in carico al servizio per disabilitĂ pregresse alla frattura;
- 5 (2,5%) sono stati assistiti in periodi successivi ai tre mesi dalla dimissione mediante interventi brevi riconducibili alla identificazione/addestramento di ausilio;
- 17 (8,4%) hanno ricevuto trattamenti domiciliari finalizzati al recupero della funzione motoria: di questi 5 sono stati trattati direttamente dopo la dimissione dal la UU.OO di Ortopedia (10 gg di degenza media) mentre 12 hanno ricevuto trattamenti domiciliari successivamente a ricoveri in reparti di lungodegenza.
Discussione
L’epidemiologia dei pazienti over-65 con frattura di femore effettuata in AVEC nel 2010 è sovrapponibile a quanto riportato in letteratura; non sono infatti emerse differenze significative riguardo l’età (87% dei casi > 65 anni), il genere (74% donne), e la tipologia delle fratture.
Nella fase di ammissione al triage è stato assegnato un codice verde ogni 4 pazienti, spia di una sottostima della necessità di attivazione rapida del percorso. Una limitata attenzione è stata rilevata anche nei confronti dei test strumentali (in particolare l’ECG) e di laboratorio, così come largamente insufficiente è risultato il controllo farmacologico del dolore.
I differenti modelli organizzativi analizzati e l’elevato numero di trasferimenti, interni ed esterni, hanno reso non significativi e non confrontabili i dati relativi alle degenze medie. Il modello orto-geriatrico è stato applicato in una bassa percentuale di casi rispetto alle indicazioni (43%). L’invio in UO di Ortopedia è avvenuto in un numero significativo di casi (82%) e in linea con lo standard richiesto è risultata la percentuale di pazienti trattati (97%). Lo standard del 45% di pazienti operati entro 48 ore, indicato dalla RER, è stato raggiunto nel territorio di Bologna, mentre nell’area ferrarese si è evidenziata una componente critica di processo, presente anche correggendo i dati con le possibili motivazioni cliniche rilevate (19%). Discreta è la performance relativa alla tipologia di intervento effettuata: gli interventi di sintesi della frattura costituiscono più del 50% dei casi, al di sopra dello standard richiesto.
Nel campione di pazienti esaminato la fase post-chirurgica si è rivelata poco strutturata, con insufficiente attenzione al controllo del dolore, alla presa in carico riabilitativa del paziente (57%) e alla profilassi con vitamina D e calcio. Anche l’uso di scale di valutazione delle ADL e la redazione del piano individuale di assistenza non sono ancora pratiche assistenziali consolidate (circa 30%).
Se il 54% dei pazienti non ha presentato complicanze, un dato molto critico è la presenza di lesioni da pressione (25%).
I dati di mortalitĂ si sono dimostrati in tutte le realtĂ e per ciascun indicatore (primo ricovero, a 1 mese, 6 mesi, 1 anno) al di sotto degli standard.
Limiti
La conduzione dell’audit è stata particolarmente critica nella raccolta dati dei pazienti trasferiti all’interno, o all’esterno, della struttura di primo ricovero. La frammentazione del percorso del paziente, la documentazione spesso incompleta, le differenti abitudini delle varie UU.OO., la carenza di LPA aziendali (mediche o di riabilitazione estensiva) specialmente nei policlinici, hanno spesso reso arduo il compito dell’auditor, determinando la perdita di dati e indebolendo la casistica.
Conclusioni
L’audit clinico si è dimostrato uno strumento adeguato per analizzare il percorso clinico-organizzativo dei pazienti over-65 con frattura di femore. L’elaborazione statistica degli indicatori ha evidenziato in AVEC un quadro molto eterogeneo di processi clinico-assistenziali, a volte difformi, che tuttavia si accompagna ad esiti in linea, se non addirittura superiori, ad alcuni degli standard di riferimento.
Dall’analisi dei dati sono state identificate numerose aree di miglioramento che, qualora implementate nel PA del paziente con frattura di femore in AVEC, oltre a uniformare i processi, potrebbero migliorare le performance clinico-assistenziali e organizzative:
- nella fase di accesso del paziente al PS migliorare il triage con l’utilizzo appropriato del codice colore; inoltre, eseguire e refertare Rx torace, ECG ed esami di laboratorio in tempi più rapidi;
- prestare maggiore attenzione al controllo del dolore, in tutte le fasi del PA;
- valutare immediatamente il paziente per inserirlo nel piĂą breve tempo possibile nel percorso chirurgico;
- nelle UU.OO. di Ortopedia consolidare un modello di presa in carico orto-geriatrico multidisciplinare e multiprofessionale;
- nella fase post-operatoria garantire la presa in carico precoce da parte del fisiatra e del fisioterapista;
- implementare raccomandazioni per la prevenzione delle lesioni da pressione;
- ridurre il ricorso al catetere vescicale;
- attuare la prevenzione secondaria con calcio e vitamina D;
- utilizzare in maniera sistematica le scale di valutazione delle ADL in fase post-operatoria acuta e post-acuta;
- redigere un piano individuale di continuitĂ assistenziale e riabilitativa adeguato ai bisogni del paziente che possa essere attuato in setting appropriati, secondo la disponibilitĂ territoriale;
- incentivare la dimissione precoce di pazienti con assistenza a domicilio;
- realizzare un database clinico per la raccolta sistematica delle informazioni sul PA del paziente con frattura di femore.