Review
GIMBEnews 2010;6:3-4
Pubblicato: 7 marzo 2011
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3. In relazione all’unità di randomizzazione
Nella maggior parte dei trial l’unità di randomizzazione è rappresentata dal singolo partecipante, sia esso malato o sano.
Nei trial con randomizzazione cluster, invece, vengono assegnati in maniera casuale gruppi di partecipanti costituiti da ospedali, distretti sanitari, famiglie, scuole, comuni, etc. Questi trial, che presentano varie complessità metodologiche nel disegno, nella conduzione e nell’analisi dei dati, sono indispensabili quando esiste una probabilità molto elevata di contamination bias. In alcune situazioni, infatti, i partecipanti allocati al gruppo di controllo, di propria iniziativa, assumono l’intervento assegnato al gruppo sperimentale. Di conseguenza, la contaminazione tende a rendere omogenei i due gruppi rispetto all’assunzione del trattamento, con possibile riduzione dell’efficacia dell’intervento in studio.
Alcuni trial, infine, randomizzano organi o parti del corpo bilaterali: ad esempio, in oculistica e in dermatologia o sono pubblicati RCTs in cui l’unità di randomizzazione è costituita, rispettivamente, dall’occhio o da un arto con lesioni cutanee. Uno dei presupposti fondamentali per la pianificazione di questi trial è che l’efficacia dell’intervento in studio possa essere valutata solo nell’organo randomizzato e non abbia effetti sistemici (ad. es. chirurgia della cataratta, terapie topiche in dermatologia).
4. In relazione al numero dei partecipanti
Un trial clinico può arruolare da un singolo partecipante (N-of-1-trial) a svariate migliaia (mega-trial). Il N-of-1 trial è una sperimentazione clinica condotta sul paziente individuale che viene sottoposto a periodi, assegnati in maniera random, in cui si alternano trattamento sperimentale e controllo, rappresentato generalmente dal placebo. Sia il medico che il paziente dovrebbero essere mantenuti in cieco rispetto al trattamento ricevuto e la valutazione degli outcome, prevalentemente soggettivi, viene effettuata dal paziente utilizzando un diario standardizzato. Nonostante l’entusiasmo per questa particolare tipologia di sperimentazione clinica e la sua potenziale utilità - specialmente in alcune patologie - l’esiguo numero di N-of-1-trials pubblicati testimoniano, oltre a limitati settori di applicazione, notevoli difficoltà metodologiche e organizzative.
I mega-trial sono sperimentazioni cliniche, quasi sempre multicentriche, che arruolano migliaia di partecipanti. Anche se nell’immaginario collettivo il numero di soggetti arruolati è uno dei criteri di qualità di un trial, i “grandi numeri” sono in realtà necessari per dimostrare la significatività statistica di differenze sempre minori tra i nuovi trattamenti e quelli tradizionali. Pertanto, nonostante la presunta superiorità dei mega-trials, anche nella gerarchia delle evidenze scientifiche, il loro principale deficit metodologico è rappresentato da un protocollo finalizzato a massimizzare il reclutamento dei partecipanti e la loro compliance. Inoltre, la rilevanza clinica e l’applicabilità dei risultati al paziente individuale risulta spesso modesta.
Rispetto alle modalità utilizzate dai ricercatori per definire il campione, esistono trial a campione fisso (fixed-size) e trial sequenziali. Nei primi, che rappresentano la maggioranza, viene effettuata a priori la stima della dimensione del campione necessario. Nei trial sequenziali, invece, i partecipanti vengono progressivamente arruolati sino al raggiungimento di una differenza statisticamente significativa tra i due gruppi, oppure alla ragionevole certezza di equivalenza tra i due trattamenti. La pianificazione di un trial sequenziale dovrebbe essere considerata solo quando è possibile verificare il raggiungimento dell’outcome primario in tempi molto brevi.
5. In relazione al numero dei centri coinvolti
Nei trial monocentrici i partecipanti vengono arruolati da un unico centro, mentre nei trial multicentrici da due o più centri, senza alcuna limitazione di numero e di area geografica. I trial multicentrici richiedono consistenti investimenti per l’identificazione e il reclutamento dei centri, consentono l’arruolamento di un numero molto elevato di partecipanti e aumentano l’applicabilità clinica dei risultati, in quanto le popolazioni provengono da differenti setting assistenziali ubicati in paesi o in continenti diversi. Le eventuali differenze di risultati tra i diversi centri, svelate dalle analisi per sottogruppi, sono condizionate sia dalle performance dei vari setting assistenziali, sia da fattori etnici, genetici e ambientali delle popolazioni arruolate.
6. In relazione alla conoscenza del trattamento
La cecità (blinding) è lo strumento metodologico che impedisce a una o più categorie di soggetti coinvolti nel trial di conoscere il trattamento è assegnato ai due (o più) gruppi di partecipanti. L’obiettivo del blinding è di prevenire sia il performance bias - differenza dell’assistenza erogata ai due gruppi di pazienti - sia il bias di accertamento dell’esito (detection bias). Questi due errori sistematici conseguono, infatti, alla conoscenza del trattamento ricevuto dal paziente da parte di una o più categorie di soggetti coinvolti nello studio. Considerato che la terminologia classica (singolo, doppio, triplo cieco) è poco riproducibile e ambigua, il CONSORT Statement 2010 raccomanda di descrivere, quali tra le seguenti categorie di soggetti coinvolti nel trial, non sono a conoscenza dell’intervento somministrato:
- Participants: soggetti randomizzati.
- Healthcare providers: medici, infermieri, fisiotera-pisti e altri professionisti che erogano l’assistenza sanitaria e/o somministrano l’intervento.
- Data collectors: professionisti che raccolgono i dati (segni, sintomi, questionari, etc.); possono identificarsi con gli healtcare providers e/o con gli outcomes assessors.
- Outcomes assessors: professionisti che hanno il compito di definire se il partecipante ha raggiunto, o meno, l’outcome di interesse. Negli studi che valutano outcome soggettivi (ad es. intensità del dolore), l’outcome assessor è il partecipante.
- Data analysts: statistici che analizzano i dati.
- Data safety and monitoring committee: comitato che rivede i dati sulla sicurezza-efficacia dei trattamenti.
- Writers: autori del manoscritto.
Oggi, dunque, l’aggettivo open (trial in aperto) dovrebbe essere utilizzato solo quando nessuna delle categorie dei soggetti coinvolti è blinded rispetto alll’intervento somministrato ai due (o più) gruppi.
7. Trial che considerano le preferenze dei partecipanti
In un trial controllato randomizzato, per definizione, i partecipanti hanno la stessa probabilità di essere assegnati al gruppo sperimentale o a quello di controllo. Questa peculiarità metodologica dei RCTs determina inevitabilmente un errore sistematico nella popolazione che accetta di partecipare al trial. Infatti, i pazienti che vorrebbero essere assegnati all’intervento da loro “preferito” rifiutano di partecipare allo studio. Questo problema si presenta quando i partecipanti hanno una maggiore preferenza sia per l’intervento tradizionale, sia per quello sperimentale, in particolare se accessibile solo all’interno di una sperimentazione clinica perchè non ancora disponibile sul mercato. In alcune situazioni questo bias può essere prevenuto utilizzando specifici disegni di trial che considerano le preferenze dei pazienti (patient preferences trials): il disegno di Zelen, il disegno di Brewin-Bradley (comprehensive cohort design) e il disegno di Wennberg. La relativa complessità di questi disegni, insieme ai limitati campi di applicazione, rimandano il lettore agli approfondimenti bibliografici.
Disclosure dei conflitti di interesse
Antonino Cartabellotta è il Presidente del GIMBE, organizzazione no-profit che svolge attività di formazione e ricerca sugli argomenti trattati nell’articoloIndirizzo per la corrispondenza
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