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La gestione dei cateteri venosi centrali. Il framework GIMBE per la produzione e implementazione di un percorso assistenziale

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La gestione dei cateteri venosi centrali. Il framework GIMBE per la produzione e implementazione di un percorso assistenziale
Daniela Mosci, Paolo Chiari, Matteo Chiarabelli

GIMBEnews 2010;4:7-9

Ricevuto: 15 aprile 2010    Accettato: 12 luglio 2010    Pubblicato: 8 novembre 2010

Copyright: © 2010 Mosci et al. Questo è un articolo open-access, distribuito con licenza Creative Commons Attribution, che ne consente l’utilizzo, la distribuzione e la riproduzione su qualsiasi supporto esclusivamente per fini non commerciali, a condizione di riportare sempre autore e citazione originale.

Introduzione
La gestione non ottimale dei cateteri venosi centrali (CVC) può essere responsabile dell’insorgenza di setticemia correlata a CVC, una temibile complicanza nei pazienti ospedalizzati. Inoltre, la letteratura riporta che nei teaching hospitals - come l’Azienda Ospedaliero-Universitaria (AOU) di Bologna - per l’alta specializzazione delle cure erogate vengono ricoverati molti pazienti portatori di CVC, particolarmente esposti all’insorgenza di complicanze, anche settiche.

Il progetto descritto ha coinvolto due dipartimenti dell’AOU Policlinico S. Orsola Malpighi di Bologna: il Dipartimento Cardio-Toraco-Vascolare dove si sono svolte tutte le fasi del progetto descritto, e il Dipartimento di Ematologia, Oncologia e Medicina di Laboratorio, che ha partecipato alla costruzione del percorso, alla sua implementazione, ma non alla fase di audit.

Nel luglio del 2007 è stata condotta una indagine conoscitiva sull’eventuale presenza nelle diverse unità operative (UU.OO.), di linee guida/procedure/protocolli per la gestione dei CVC. L’indagine ha documentato la presenza di documentazione adeguata nel 31% delle UU.OO. incompleta nel 25% e assente nel 44% delle UU.OO. Inoltre, dove presenti, i contenuti dei documenti analizzati presentavano numerose discordanze, oltre che tempi e procedure di aggiornamento estremamente variabili.

Obiettivi
Costruzione, implementazione e verifica dell’applicazione di un percorso assistenziale per la gestione dei CVC.

Materiali e metodi
Per raggiungere l’obiettivo è stato seguito il framework sviluppato da GIMBE e utilizzato in numerose organizzazioni sanitarie per la produzione, implementazione e monitoraggio di percorsi assistenziali (tabella).

Fase

Denominazione AttivitĂ 
1

Definizione prioritĂ 

Identificazione dell’area clinico-assistenziale

2

Costituzione del GLAM

Gruppo di Lavoro Aziendale Multiprofessionale

3

F.A.I.A.U.

Ricerca, valutazione critica, integrazione, adattamento locale e pianificazione dell’aggiornamento della LG

4

D.I.E.

Diffusione, implementazione e valutazione dell’efficacia delle LG

Tabella: Fasi del framework GIMBE1



1. Definizione delle prioritĂ 
La gestione del CVC è stata identificata come priorità per diverse motivazioni: frequenza, gravità, eterogeneità delle pratiche professionali e costi.

2. Costituzione del GLAM
Composto da 24 professionisti (numero relativamente elevato) per la necessità di coinvolgere almeno un referente per ciascuna UO e facilitare la condivisione e l’implementazione del percorso assistenziale. Il GLAM è poi stato suddiviso in quattro sottogruppi operativi che hanno realizzato le diferse attività previste: raccolta dati ai fini dell’indagine conoscitiva, ricerca bibliografica, traduzioni, editing del percorso assistenziale e degli strumenti per la sua implementazione.

3. F.A.I.A.U.
Obiettivo di questa fase è seguire una procedura standardizzata per la produzione di un percorso assistenziale evidence-based, adattato al contesto locale e condiviso tra tutti i professionisti che devono utilizzarlo. Queste tre caratteristiche dei percorsi assistenziali costituiscono, secondo i risultati della letteratura, “fattori prognostici”, favorevoli per la loro implementazione.

Sono state individuate (Finding) diverse2,3 linee guida (LG), successivamente valutate (Appraising) con lo strumento AGREE ed è stata selezionata la linea guida EPIC2 che, oltre ad avere ottenuto lo score AGREE più elevato, era anche la più recente e prodotta in un setting europeo. Tuttavia, la LG selezionata, seppur di buona qualità, riportava raccomandazioni molto generiche: di conseguenza, nella fase dell’integrazione (Integrating), gli aspetti operativi non descritti sono stati reperiti da diverse fonti di letteratura3-8. Inoltre è stato necessario, in ottemperanza alla normativa vigente sull’utilizzo dei dispositivi medici (Dlgs 24/02/1977 n° 46), reperire le schede tecniche dei dispositivi presi in considerazione nel protocollo, al fine di renderlo coerente - oltre che con le evidenze scientifiche - anche con le disposizioni fornite dai produttori8,9.

Nella fase di adattamento locale (Adapting) si è proceduto alla costruzione del percorso, descrivendo le tecniche e le procedure operative per la gestione del CVC in modo preciso e dettagliato, facendo riferimento a tutte le fonti bibliografiche reperite.

Infine, è stato pianificato un aggiornamento (Updating) a cadenza annuale: a gennaio 2010 è stata identificata un’ulteriore linea guida.

4. D.I.E.
In questa fase vengono pianificate e attuate tutte le strategie finalizzate alla disseminazione, implementazione e valutazione dell’aderenza al percorso assistenziale, attraverso l’audit clinico.

Per la disseminazione (Disseminating) è stato realizzato un seminario informativo diretto a una parte degli infermieri dei due dipartimenti e sul sistema documentale informatizzato sono stati resi disponibili il protocollo e tutti gli strumenti di supporto alla sua applicazione: report documentale per la gestione del CVC, tabella sinottica per il lavaggio e l’eparinizzazione, tabella relativa alle incompatibilità tra antisettici e cateteri, un documento riepilogativo di tutti i tipi di CVC utilizzati in azienda.

Per l’implementazione (Implementing) è stata sviluppata una strategia multifattoriale che ha incluso: opinion leader locali, workshop interattivi, reminders, audit clinico. Gli opinion leaders locali erano per la maggior parte costituiti da componenti del gruppo di lavoro, che si sono impegnati a diffondere i contenuti del protocollo nella propria UO, coinvolgendo i colleghi nell’utilizzo della nuova documentazione. Inoltre, presso alcune UU.OO. è stato organizzato un workshop educazionale interattivo progettato e condotto dal referente del progetto e dal referente del Centro Studi EBN.

I reminders sono stati costruiti per supportare il processo decisionale degli infermieri. In accordo ai contenuti del protocollo è stato realizzato un poster con i messaggi chiave, che è stato stampato e plastificato sia in formato A4 con fori, per inserirlo all’interno dei quaderni di terapia, sia in formato A3, in modo da poterlo attaccare e tenere in vista da parte dei gruppi infermieristici.

L’audit è stato realizzato a completamento delle attività di implementazione e ha riguardato tutte le UU.OO. del Dipartimento Cardio-Toraco-Vascolare. L’individuazione dell’audit clinico come obiettivo dipartimentale di budget ha contribuito notevolmente all’elevata adesione dei professsionisti. Nel periodo compreso tra l’1 ed il 30 aprile 2009, tutti i report per la documentazione della gestione del CVC, al momento della rimozione del catetere, dovevano essere fotocopiati e inviati presso il Centro Studi EBN per l’input e la successiva analisi dei dati. Lo strumento di raccolta dati utilizzato per l’audit è stato, infatti, il report per la documentazione della gestione del CVC, concepito sin dalla sua nascita per assolvere sia a un compito documentativo, sia all’implementazione, riportando sia informazioni rilevanti per l’applicazione del protocollo (reminder), sia costituendo la base informativa per la realizzazione dell’audit clinico.

Nonostante il numero molto elevato di raccomandazioni cliniche contenute nel protocollo, in questa prima fase di verifica, l’audit ha monitorato solo due indicatori di processo:

  • l’appropriatezza nella scelta dell’antisettico, sostenuta da una raccomandazione clinica molto forte;
  • il corretto timing di permanenza delle medicazioni, che ha un rilevante impatto organizzativo-economico, in termini di tempo assistenziale e risorse dedicate.

L’audit ha evidenziato una grande variabilità di risultati tra le diverse UU.OO, in alcune delle quali non è stato, additittura, possibile raccogliere un numero rappresentativo di casi. Rispetto al primo indicatore sono stati rilevati livelli di appropriatezza diversi in relazione al materiale del CVC, uno dei criteri per la scelta dell’antisettico. Per i cateteri in poliuretano il tasso di appropriatezza della clorexidina acquosa è stata del 52% (range 0-80%). Per i cateteri in silicone - numericamente inferiori rispetto a quelli in poliuretano - è stato rilevato un tasso di appropriatezza della clorexidina del 31% (range 0-40%). L’eterogeneità di questi risultati non era sempre conseguente alla scelta di un antisettico inappropriato (utilizzo di una sostanza controindicata dal produttore o non supportata da adeguate evidenze scientifiche), ma spesso conseguente all’utilizzo routinario dello iodopovidone, antisettico tradizionale per la gestione dei CVC.

Il timing di sostituzione delle medicazioni in garza e cerotto si è rilevato assolutamente congruente a quanto riportato nel protocollo (tempo medio di permanenza 2 giorni), mentre per le medicazioni in poliuretano si sono riscontrati tempi medi di permanenza estremamente ridotti (due giorni) rispetto ai sette definiti dalla letteratura. Considerata la notevole variabilità di permanenza tra le diverse UU.OO. (range 2-6 giorni), è stato ipotizzato che in alcuni setting questa medicazione fosse utilizzata senza indicazioni (pazienti diaforetici o con gemizio dall’exit site), o venisse applicata con modalità non adeguate (ad es. senza aver accertato la completa asciugatura della cute prima del posizionamento).

Nel mese di luglio 2009, mediante un incontro in plenaria, sono stati “restituiti” con un feedback alle UU.OO. i dati complessivi dell’audit in maniera anonima (ogni UO poteva riconoscere se stessa nel report, ma non le altre). Successivamente, sono stati inviati ad ogni UO i dati e le relative valutazioni e sono stati organizzati momenti di discussione con referenti e coordinatori per individuare le strategie di miglioramento.

Limiti
Innanzitutto, la mancanza di un dato relativo alla baseline performance non ha reso possibile identificare l’eventuale miglioramento ottenuto grazie alle strategie di implementazione. In secondo luogo, l’osservazione relativa a un solo mese non è stata in grado di rilevare in modo rappresentativo il fenomeno in alcune UU.OO. In terzo luogo, non sono stati individuati indicatori di esito perchè i dati disponibili periodicamente dal servizio di microbiologia non sono sufficienti a individuare i casi di sepsi, nè è ancora attivo un database per la raccolta dei casi di sepsi CVC-correlate. Infine, il feedback non è stato “restituito” tempestivamente ai professionisti (in media dopo due mesi), sia oltre per ragioni organizzative, per la necessità di individuare un metodo di analisi e presentazione dei dati di facile e immediata lettura per tutti i professionisti coinvolti.

Conclusioni
L’utilizzo del framework GIMBE ha permesso di elaborare un percorso assistenziale per la gestione dei CVC evidence-based, adattato al contesto locale e condiviso tra tutti i professionisti. Dopo questa prima fase di sperimentazione l’obiettivo è quello di estenderlo agli altri dipartimenti dell’azienda. Il protocollo e i documenti accessori sono stati già sottoposti a revisione, in seguito all’updating effettuato a gennaio 2010, con conseguente aggiornamento delle fonti documentali. Inoltre, l’utilizzo da parte degli infermieri degli strumenti documentali non solo durante l’audit, ma anche durante la pratica quotidiana, ha consentito di raccogliere suggerimenti per migliorarne l’impostazione e l’utilizzo. Attualmente è in fase di realizzazione il secondo ciclo di audit che oltre a misurare gli indicatori descritti valuterà anche l’appropriatezza del timing della sostituzione delle vie infusive e dell’eparinizzazione dei diversi lumi dei CVC.

KEY POINTS

  • La variabilitĂ  della pratica professionale nella gestione dei cateteri venosi centrali aumenta il rischio di insorgenza di infezioni CVC correlate
  • L’applicazione del framework GIMBE permette di ottimizzare i tempi e realizzare un percorso assistenziale basato sulle evidenze, adattato al contesto locale e condiviso tra i vari professionisti
  • Una strategia d’implementazione multifattoriale ha favorito l’applicazione del percorso assistenziale
  • La raccolta sistematica nella documentazione assistenziale delle informazioni che dimostrano l’applicazione del percorso diviene lo strumento di raccolta dati per l’audit ed è utile anche a fini medico-legali
  • L’audit permette di identificare i processi inappropriati e suscettibili di miglioramento
  • I nuovi cicli di audit permettono sia di rivalutare gli indicatori analizzati durante il primo ciclo, sia di definire nuovi indicatori