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GIMBEnews 2010;2:7-9
Ricevuto: 15 aprile 2010 Accettato: 4 maggio 2010 Pubblicato: 15 maggio 2010
Copyright: © 2010 Amendolara et al. Questo è un articolo open-access, distribuito con licenza Creative Commons Attribution, che ne consente l’utilizzo, la distribuzione e la riproduzione su qualsiasi supporto esclusivamente per fini non commerciali, a condizione di riportare sempre autore e citazione originale.
Introduzione
Studi epidemiologici riportano nella popolazione generale una prevalenza dell’1% di pazienti con ulcere cutanee croniche. Le lesioni cutanee, sia acute che croniche, richiedono un notevole impiego di risorse. In Inghilterra alcuni studi riportano una spesa tra i 230 e i 400 milioni di sterline per il trattamento di ulcere venose degli arti inferiori1. La maggior parte dei costi è prodotta dal tempo impiegato per la gestione infermieristica del paziente, quantificato, a livello domiciliare, in circa il 50% dei costi totali2. Tali costi possono essere ridotti se l’organizzazione delle cure permette sia di condividere le informazioni tra diversi setting assistenziali (domiciliari, ambulatoriali, ospedalieri), sia l’adozione di protocolli evidence-based3.
Nonostante gli sforzi del team assistenziale, i pazienti con lesioni cutanee possono presentare un decorso di cura più o meno lungo non esente da complicanze dovute anche alle comorbidità : in questi casi, la riparazione tissutale può arrestarsi, inducendo una risposta infiammatoria cronica nell’ulcera che diventa “difficile da guarire”.
Le lesioni cutanee possono essere di varia eziologia: acute (chirurgiche, traumi ed ustioni), subacute (deiscenze di ferite chirurgiche), croniche (venose, arteriose, neuropatiche/diabetiche, da pressione). Anche se il loro trattamento ottimale prevede l’utilizzo di medicazioni che permettano il mantenimento di un ambiente umido4,5, non sempre le diverse medicazioni riescono a gestire in modo ottimale l’eccesso di essudato conseguente alla reazione infiammatoria.
Per gestire l’eccesso di essudato, una delle opzioni terapeutiche disponibili, è la terapia a pressione negativa (TPN) ottenuta mediante l’uso di dispositivi che consentono un’applicazione controllata e localizzata di una pressione subatmosferica in corrispondenza dell’ulcera. L’ulcera viene medicata con materiale differente (garza non aderente, schiuma di poliuretano o di polivinil o alcool) a seconda delle condizioni e della tipologia della ferita. Successivamente la medicazione viene ricoperta da un film trasparente di fissaggio in poliuretano e collegata, mediante un tubo di drenaggio, a un dispositivo di aspirazione. L’essudato in eccesso viene drenato e raccolto in un apposito canestro collegato al dispositivo stesso. Tale metodica di trattamento non è di recente introduzione: infatti, il suo utilizzo risale a migliaia di anni fa ad opera di medici cinesi.
La TPN può aiutare il processo di guarigione della lesione cutanea con diverse modalità :
- rimozione continua dell’essudato
- pulizia continua della ferita dopo sbrigliamento
- riduzione dell’edema interstiziale
- stimolazione della formazione del tessuto di granulazione
- retrazione meccanica dei bordi della ferita
Oggi, dopo una fase di monopolio di mercato, sono disponibili numerosi dispositivi prodotti da aziende diverse.
Obiettivi
Obiettivi del progetto sono:
- migliorare l’appropriatezza prescrittiva, diminuendo la variabilità d’impiego della TPN;
- ridurre i costi;
- realizzare la presa in carico globale del paziente con ulcere difficili, soprattutto per quanto riguarda il monitoraggio infermieristico dell’erogazione della terapia.
Materiali e metodi
Con il supporto di un gruppo tecnico regionale è stata condotta una revisione e analisi della letteratura secondaria: revisioni sistematiche, Health Technology Assessment (HTA) reports. Successivamente, i risultati sono stati analizzati discussi con un gruppo di lavoro aziendale multiprofessionale e multidisciplinare. Si è proceduto alla valutazione integrata delle evidenze e dei costi di utilizzo della TPN rilevati dai flussi informativi correnti. Contestualmente è stato attivato, sentita la disponibilità delle aziende produttrici di TPN presenti sul mercato, un contratto semestrale di fornitura gratuita della durata di sei mesi. In collaborazione con il servizio di ingegneria clinica, è stato organizzato un evento formativo finalizzato al collaudo dei diversi dispositivi. Durante l’evento formativo i clinical specialists delle diverse ditte hanno illustrato il proprio dispositivo utilizzando una presentazione standardizzata. Questo ha permesso ai professionisti sia di prendere visione delle modalità di funzionamento, sia di rilevare le sostanziali differenze tecniche tra i diversi dispositivi.
Nei sei mesi di fornitura gratuita, il servizio infermieristico aziendale ha generato una lista randomizzata per l’assegnazione dei dispositivi ai pazienti candidati alla TPN dopo valutazione congiunta medico-infermieristica.
Dal confronto tra i professionisti e dalla lettura delle informazioni disponibili è stato proposto un modello organizzativo aziendale, centrato sul case manager infermieristico6 che ha il compito di garantire:
- la pianificazione e integrazione assistenziale tra i due contesti di cura, in particolare la continuitĂ tra ospedale e territorio;
- la formazione specifica sulle tematiche di interesse, sia ai colleghi che al personale medico;
- il coordinamento dei servizi e tra i professionisti che si interfacciano con il paziente nei diversi contesti di cura, il follow-up del caso a domicilio.
A livello aziendale il case manager si affianca alla rete dei servizi esistente per erogare sia attivitĂ specifiche proprie, sia per seguire complessivamente il caso clinico.
Risultati
La ricerca delle fonti di letteratura secondaria ha prodotto 11 revisioni sistematiche e 4 HTA reports, oltre ad alcuni documenti di consenso di società scientifiche internazionali. Nonostante la TPN sia ampiamente utilizzata in ambito internazionale da almeno 15 anni, la scarsa qualità degli studi non fornisce robuste prove di efficacia della tecnologia. Inoltre, sono stati identificati nei registri internazionali di trial, 23 studi in corso, di cui oltre il 50% finanziati da aziende produttrici. In sintesi, anche se la TPN è considerata una terapia “promettente” per la cura delle ulcere cutanee, il suo utilizzo routinario non può essere raccomandato.
Nella AUSL di Modena la TPN è utilizzata essenzialmente in unità operative ospedaliere (terapia intensiva post-operatoria, chirurgia generale, medicina metabolica), con una spesa che nel 2008 è aumentata del 55% rispetto al 2005 (grafico). Parallelamente sono aumentati i pazienti trattati e diminuite le giornate medie di trattamento per paziente.
Dal 2009, per una migliore identificazione dei pazienti che possono trarre beneficio dalla TPN, è stato creato un percorso di richiesta di consulenza ad hoc, attivo nella rete ospedaliera e territoriale provinciale. Sono stati coinvolti infermieri specialisti in wound care, chirurghi vascolari, ortopedici, il servizio di ingegneria clinica e l’UO di gestione del rischio. Le varie ditte produttrici (tabella) hanno aderito alla fornitura gratuita sperimentale di TPN della durata di sei mesi.
Nel documento aziendale riferito al progetto sono state recepite tutte le indicazioni e le controindicazioni d’uso della TPN, comprensivi degli alerts provenienti dalla FDA rispetto alla comparsa di eventi avversi7,8,9.
Il punto di riferimento organizzativo per il progetto aziendale è stato individuato nel case manager infermieristico, un infermiere specializzato in wound care, responsabile della verifica del rispetto dei percorsi di richiesta individuati e dell’erogazione e dell’addestramento d’uso dei vari dispositivi in fase di prima medicazione.
Sono stati trattati 29 pazienti con ferite acute: 10 post-traumatiche e post-chirurgiche; 6 deiscenze chirurgiche sub-acute e 13 croniche (decubiti, ulcere del piede diabetico). Complessivamente sono stati erogati 971 giorni di trattamento il cui costo complessivo - da confronto con le tariffe di noleggio del precedente contratto di fornitura aziendale - sarebbe stato di circa € 100.000,00.
Dei 29 pazienti trattati con TPN: 15 hanno raggiunto l’obiettivo terapeutico, 6 l’hanno raggiunto parzialmente e 7 non l’hanno raggiunto, mentre un paziente è deceduto per motivi non riconducibili alla TPN. Rispetto agli obiettivi attesi, la tipologia di ulcere trattate con TPN e gli esiti di trattamento sono stati vari e non è stato possibile identificare fattori predittivi di successo terapeutico legati al paziente e/o alle caratteristiche dell’ulcera.
Durante il periodo di osservazione sono state inoltre segnalate varie problematiche che hanno determinato la modifica del piano terapeutico:
- 3 infezioni della ferita confermate con esami colturali;
- 1 rimozione di tessuto osseo necrotico;
- 2 sospensioni della TPN per scelta del paziente;
- 2 peggioramenti clinici della ferita, non riconducibili a infezione;
- 1 sospetta neoplasia all’interno della ferita;
- 1 identificazione di alternativa terapeutica in corso di trattamento;
- 2 casi di malfunzionamenti del dispositivo con segnalazioni secondo normativa al Ministero della Salute.
Limiti
Nei 6 mesi di avvio sperimentale del progetto, sono emerse delle criticitĂ riconducibili a conoscenze professionali non condivise sul tema della riparazione tissutale. Tali criticitĂ rendono necessario:
- rivedere e abbandonare pratiche assistenziali obsolete;
- sviluppare un modello organizzativo di riferimento per la gestione delle ferite, al fine di garantire la continuitĂ assistenziale;
- implementare programmi di lifelong learning del personale infermieristico.
Conclusioni
Il progetto di miglioramento dell’appropriatezza d’uso della TPN, integrato in maniera inscindibile con la presa in carico globale del paziente cronico, ha come obiettivo a medio-lungo termine la possibilità di offrire ai pazienti con ulcere cutanee difficili una assistenza modulata per livelli crescenti di intensità : dall’assistenza territoriale infermieristica verso setting specialistici all’interno di strutture ospedaliere. Tale modello prevede una formazione capillare e puntuale degli infermieri.
Nel corso dello sviluppo del progetto è apparso evidente che per i professionisti è indispensabile un supporto istituzionale per governare le spinte commerciali dei produttori di innovazioni, vere o presunte, al fine di indirizzare le scelte. In questo senso la ricerca-innovazione costitusce una straordinaria opportunità per chiarire le incertezze sull’efficacia degli interventi sanitari. Infatti, spesso dimentichiamo che la mancanza di prove di efficacia non equivale alle dimostrazioni di inefficacia o, per ripetere il più incisivo gioco di parole di Altman e Bland “Absence of evidence is not evidence of absence” (BMJ 1995;311:485), ripreso poi da Alderson dopo quasi un decennio (BMJ 2004;328:476-477).
Affiliazione degli Autori
Rocco Amendolara, Azienda USL di Modena
Salvina Migliore, Azienda USL di Modena
Davide Milani, Azienda USL di Modena
Loretta Casolari, Azienda USL di Modena
Contributo degli Autori
Ideazione e disegno dello studio: Rocco Amendolara, Loretta Casolari, Davide Milani
Acquisizione, analisi e interpretazione dei dati: Rocco Amendolara , Salvina Migliore, Loretta Casolari
Stesura dell’articolo: Rocco Amendolara, Loretta Casolari
Revisione critica di importanti contenuti intellettuali: Rocco Amendolara, Loretta Casolari
Approvazione finale della versione da pubblicare: Rocco Amendolara, Loretta Casolari, Davide Milani
Disclosure dei conflitti di interesse
Nessuno dichiaratoIndirizzo per la corrispondenza
r.amendolara@ausl.mo.itProvenienza
Non commissionato, sottoposto a peer reviewFonti di finanziamento
NessunaApprovazione comitato etico
Non richiestaRingraziamenti
Si ringrazia per i suggerimenti metodologici forniti, la Dott.ssa Rossana De Palma, Responsabile “Governo Clinico”, Agenzia Sanitaria e Sociale Regione Emilia RomagnaPagina aggiornata il 15/maggio/2010