Review
GIMBEnews 2009;5:4-5
Pubblicato: 21 luglio 2009
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Le ultime due pillole di governo clinico hanno analizzato la classificazione degli indicatori (struttura, processo, esito) e la valutazione multidimensionale della qualità dell’assistenza sanitaria (sicurezza, efficacia, appropriatezza, partecipazione degli utenti, equità di accesso, efficienza). Definite le “unità di misura”, ecco la prima dose di una pillola dedicata all’audit clinico (clinical audit), strumento principe per misurare la qualità dell’assistenza sanitaria. I tre episodi della saga tratteranno in sequenza:
- Definizione (I)
- Struttura e fasi dell’audit clinico (I)
- Metodologie di pianificazione e conduzione (II)
- Stesura dell’audit report (III)
- Barriere e fattori facilitanti (III)
1. Definizione
“L’audit clinico è un processo con cui medici, infermieri e altri professionisti sanitari, effettuano una revisione regolare e sistematica della propria pratica clinica e, dove necessario, la modificano” (Primary Health Care Clinical Audit Working Group, 1995). Da questa definizione emergono in maniera molto netta le caratteristiche fondamentali dell’audit clinico:
- Coinvolge tutti i professionisti sanitari.
- E’ un’attività continua e sistematica che non può essere limitata a singoli casi.
- Ha come oggetto principale l’appropriatezza dei processi (anche se può essere utilizzato per misurare gli esiti assistenziali).
- Permette di misurare il grado di inappropriatezza (in eccesso e/o in difetto) e identificare quali aree della pratica professionale devono essere oggetto di miglioramento.In altri termini, il clinical audit è un approccio di verifica e miglioramento di problematiche assistenziali rilevanti che si caratterizza per la “professionalità” dell’iniziativa, la competenza clinica dei partecipanti, la confidenzialità dei risultati e per l’oggetto fortemente connesso alla qualità tecnico-professionale.
Da questa definizione esulano due tipologie di audit utilizzate in sanità - audit di sistema e audit occasionale - spesso “confuse” con il clinical audit.
Audit di sistema. Definito altresì “audit della qualità”, viene utilizzato nelle procedure di accreditamento o certificazione di strutture sanitarie, per verificare sistematicamente la conformità dei requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi. Si caratterizza per l’oggetto non professionale e per essere effettuato da auditor esterni.
Audit occasionale. Si identifica con la discussione di casi clinici realizzata, in maniera più o meno stutturata, in tutte le organizzazioni sanitarie. Anche se ha contenuti professionali e viene effettuato tra pari, l’audit occasionale non è uno strumento sistematico; inoltre, nella maggior parte dei casi, riguarda pazienti difficili e complessi (outliers), non rappresentativi della media dei pazienti trattati. Pertanto, pur confermandone il valore educazionale, oltre che l’efficacia nello stimolare il decision making individuale e di team, l’audit occasionale non è adeguato per misurare la qualità dell’assistenza, anche perchè si presta a selezionare convenience samples.
La tabella riporta le differenze tra le tre tipologie di audit e ne dimostra la complementarietà.
Contenuti Professionali | Revisione tra pari | Sistematicità | |
Audit di sistema | NO | NO | SI’ |
Audit occasionale | SI’ | SI’ | NO |
Audit clinico | SI’ | SI’ | SI’ |
2. Struttura e fasi dell’audit clinico
Il clinical audit si articola in sei fasi attraverso una struttura circolare che a ogni ciclo successivo mira a raggiungere target di qualità sempre più elevati.
Le descrizioni delle singole fasi sono esemplificate facendo riferimento a un clinical audit condotto e pubblicato da clinici australiani (Bampton et al. Med J Aust 2002; 176: 155-157).
2.1. Selezione delle priorità
Rappresenta la fase cruciale, in grado di condizionare il successo dell’audit clinico: in particolare, è fondamentale che la priorità definita, oltre a richiamare l’interesse dei professionisti, sia rilevante per l’organizzazione sanitaria. Esistono alcuni criteri generali per definire le priorità: consistente impatto sulla salute (in termini di frequenza, gravità, qualità della vita), consumo di risorse, ampia variabilità della pratica clinica, disponibilità di evidenze di grado elevato.
Le evidenze scientifiche sull’efficacia della colonscopia nello screening del carcinoma del colon-retto (CCR) hanno richiesto un notevole incremento delle prestazioni, non sempre compatibile con le risorse disponibili. E’ possibile che una quota delle colonscopie eseguite nei pazienti polipectomizzati siano inappropriate e che migliorando l’appropriatezza vengano “liberate” risorse da destinare allo screening del CCR? |
2.2. Definizione degli standard assistenziali
Idealmente, uno standard assistenziale dovrebbe essere: evidence-based, condiviso tra i professionisti e adattato al contesto locale. Questi “fattori prognostici favorevoli”, che massimizzano la probabilità dell’implementazione, generalmente si ottengono tramite l’adattamento locale di linee guida (LG) - previa validazione della loro qualità - in percorsi assistenziali (PA) condivisi tra tutti i professionisti che devono utilizzarli.
Le LG nazionali pubblicate dal National Health and Medical Research Council definiscono il timing della colonscopia nei pazienti polipectomizzati:
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2.3. Confronto della pratica corrente con gli standard
Attraverso la revisione, idealmente retrospettiva, della documentazione clinica viene esaminato il grado di aderenza della pratica corrente con gli standard definiti. Questa è una fase particolarmente critica dell’audit clinico, perchè la qualità delle cartelle cliniche è spesso insoddisfacente e le informazioni necessarie per effettuare le valutazioni di appropriatezza sono incomplete o assenti. Per tale ragione è sempre opportuno verificare la qualità dei dati disponibili attraverso un pre-audit su un numero limitato di cartelle cliniche.
Gli Autori rivedono l’appropriatezza di timing - rispetto agli standard definiti - in 100 colonscopie eseguite nei tre mesi precedenti in pazienti polipectomizzati. |
2.4. Identificazione delle inappropriatezze
L’analisi dei dati raccolti fornisce una stima delle inappropriatezze, sia in eccesso, sia in difetto: in particolare, accanto al mancato impiego di interventi sanitari efficaci, vengono spesso prescritti interventi inappropriati.
L’analisi dei dati dimostra che:
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2.5. Implementazione del cambiamento
In relazione alle inappropriatezze rilevate viene attuato il piano di cambiamento, utilizzando efficaci strategie d’implementazione multifattoriali.
Oltre alla disseminazione delle LG tra i professionisti, viene identificata una nurse coordinator con la funzione di case manager delle colonscopie nei pazienti polipectomizzati. |
2.6. Verifica dell’efficacia del cambiamento
Dopo un periodo variabile si verifica l’impatto dell’audit clinico sulla pratica professionale: in particolare è atteso un aumento dell’appropriatezza degli interventi sanitari oggetto dell’audit. In relazione ai risultati rilevati, cicli successivi di audit possono richiedere strategie di implementazione integrative al fine di raggiungere i target desiderati.
Nei tre mesi successivi all’implementazione vengono riportati i seguenti risultati:
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- L’audit clinico è uno strumento per verificare e migliorare la qualità dell’assistenza, in particolare l’appropriatezza dei processi
- E’ un processo ciclico, sistematico e condotto tra pari, senza alcuna finalità ispettiva o di controllo
- L’audit di sistema e l’audit occasionale possono integrare, ma non sostituire l’audit clinico
- La qualitĂ della documentazione clinica influenza fortemente la realizzazione di un audit clinico